Da questa pagina si può accedere ai vari tipi
di filigrana che sono stati impiegati nei francobolli italiani. Questa
sezione è in via di completamento, con l'aspirazione di
includere anche le filigrane degli antichi stati italiani.
Carta a mano (XVIII sec.) vista in trasparenza
E' necessario fare una premessa. La
filigrana non è un procedimento successivo alla fabbricazione della carta
sulla quale viene applicata, come può essere, ad esempio, la
stampa. La filigrana nasce con la carta, durante la sua fabbricazione. Ecco
quindi che per meglio comprendere la filigrana, è necessario fare un
cenno molto riassuntivo e sintetico del procedimento della fabbricazione
della carta, cercando di portarlo all'epoca che maggiormente ci interessa,
a quella cioè della comparsa dei primi francobolli. All'epoca, metà
dell'Ottocento, la materia prima della carta era costituita da stracci di
cotone, canapa o lino. Questi stracci venivano lavorati in più fasi fino
a ricavare la pasta da carta (detta anche "pastastraccio"). Da
qui cominciava la fabbricazione della carta.
La carta a mano Nel
tino colmo d'acqua dove gli stracci erano stati trasformati in "pastastraccio",
il mastro cartaio prelevava con un telaio una certa quantità di pasta da
carta. Il telaio forma-fogli aveva il fondo tutto traforato, come fosse un
colino, composto da un ordito di fili metallici, frequentemente in bronzo. Con
abili movimenti il cartaio riesce a far sì che le fibrille di pasta si
dispongano uniformemente su tutto il telaio, mentre l'acqua eccedente
scola attraverso la maglia di fili metallici. La carta in formazione
viene messa su dei feltri ed impilata, quindi è pressata per togliere
l'acqua eccedente ed infine messa all'aria ad asciugare. I fogli così
ottenuti venivano poi collati e lisciati con pietre d'agata. Questa
carta, vista in trasparenza, presenta l'impronta delle maglie del telaio
con cui venne fabbricata.
La carta mano-macchina
Si tratta di carta prodotta a macchina dalla quale viene estratta
manualmente strappandola in fogli.
La pasta da carta dispersa nell'acqua viene raccolta da un grosso tamburo
cilindrico rotante la cui superficie è costituita da una fitta maglia
metallica, come un passino per permettere all'acqua di passare depositando
le fibrille.
Il cilindro ruotando deposita in continuo la pasta che sta per diventare
carta su un nastro trasportatore in feltro. Questo lungo foglio viene
pressato per togliere l'eccedenza di acqua, è asciugato passando su dei
cilindri caldi e passato in un bagno di gelatina.
Alla fine del percorso i fogli vengono ottenuti strappandoli a mano e
quindi definitivamente asciugati. Dopo l'asciugatura è prevista la
lisciatura passando sotto presse a cilindri.
Il rivestimento del tamburo, cioè la maglia che fa da "colino"
per l'acqua, può imitare il disegno della vergatura delle vecchie carte a
mano.
La carta a macchina
Questa carta è fabbricata su una macchina continua in piano.
Per i cultori dei francobolli degli antichi stati italiani varrà la pena
spendere alcune parole in più su questa carta.
La prima macchina veramente funzionale fu installata nel 1850 nella
cartiera di Essones in Francia. Era stata costruita dall'inglese Donkin su
disegni di Robert e dei fratelli Foudrinier.
Si ritiene comunque che carta prodotta con macchina continua in piano non
sia stata impiegata per i francobolli fino al 1870 perché era meno bella
ed uniforme di quella prodotta con la macchina in tondo.
Una irregolarità casuale nella trama della carta, vista in trasparenza:
forse una rottura di una verghetta o un filo irregolare sul fondo del
telaio forma-fogli
Una "A" ottenuta in filigrana
La nascita della filigrana
Probabilmente la nascita della filigrana fu un fatto del tutto casuale.
Forse una verga si era spostata sul piano, oppure un filo di rame si era
spezzato, e ci si accorse che in trasparenza questo fatto provocava un
segno diverso nella trama regolare della carta.
Ci si rese conto che poteva essere utile contrassegnare in questo modo la
produzione della carta, in modo che fosse identificabile la provenienza
della stessa per evitare contestazioni sulla qualità.
E fu subito un fiorire di "segni", o "signi"
(come erano chiamati fino alla prima metà dell'Ottocento) ad identificare
il fabbricante: lettere dell'alfabeto, croci, linee e poi lune, stelle,
rose, ancore, fiori, ecc.
Semplificando al massimo, per i fini che qui ci interessano, dirò che
questi segni venivano ottenuti cucendo del filo di rame sulle trame
metalliche della forma, quelle trame che costituivano il passino per far
scolare l'acqua eccedente della "pastastraccio" e sul
quale si depositavano le fibrille che avrebbero formato il foglio.
Ora è evidente che laddove ci sono questi fili applicati la pasta avrà
uno spessore minore, le fibrille saranno più rarefatte e così il foglio
visto in trasparenza presenterà in chiaro i segni lasciati dai fili: la
filigrana, appunto.
Oggi distinguiamo sostanzialmente due sistemi di produzione della carta e
con essa della filigrana: la carta filigranata "in tondo" e la
carta filigranata "in piano": il primo è praticamente quello
del cilindro rotante dove si forma la carta con i fili metallici cuciti su
di esso. Il secondo invece prevede che la pasta sia depositata su un
nastro dove perde l'eccesso di acqua prima di essere pressata sotto un
rullo che reca in rilievo il disegno della filigrana.
La conseguenza dei due diversi metodi di lavorazione è che nella carta
"in tondo" il segno chiaro è dovuto ad una minore densità
delle fibrille, perché in quel punto se ne sono depositate di meno (ed a
volte questa filigrana oltre che in trasparenza, è visibile anche a luce
radente), mentre nella carta "in piano" non cambia la densità
della fibra, ma abbiamo solo delle fibre schiacciate.
E come ulteriore conseguenza abbiamo che nella carta "in tondo"
il disegno della filigrana risulta più netto, visibile e preciso mentre
in quella "in piano" si presenta più confuso, con i contorni
meno delineati, come sfocati.
Di seguito l'indice delle filigrane dei francobolli italiani finora inserite.
Dall'indice si può accedere direttamente alle pagine dedicate ai singoli
tipi di filigrana.
Una avvertenza: in Italia per convenzione la filigrana si
descrive osservandola dal verso del francobollo (cioè dalla parte non
stampata) con la base ovviamente in basso.
Qui ci atteniamo a questa regola, anche se nei paesi anglosassoni si usa
diversamente.
Il tamburo per la fabbricazione della carta e della filigrana nelle macchine
con lavorazione "in tondo" (Museo
della carta e della filigrana di Fabriano, immagine tratta da Cronaca
Filatelica n. 315 del maggio 2005)
Sulla tela del tamburo le ricamatrici cuciono la filigrana
(Museo della
carta e della filigrana di Fabriano, immagine tratta da Cronaca Filatelica
n. 315 del maggio 2005)