Ai
piedi del lato Est del campanile di San Marco è posta la Loggetta del
Sansovino.
Nei secoli ebbe diverse funzioni e, prima del progetto del Sansovino che
la realizzò tra il 1537 ed il 1546, esisteva già, forse addirittura dal
XIII o XIV secolo.
La
Loggetta del Sansovino nel suo stato originario, ancora senza la
terrazza aggiunta nel 1663 e con i finestroni sui fianchi non ancora
trasformati in trifore, in una incisione di Franz Hogenberg
(1535-1590) acquerellata a mano, databile 1578 (Collezione
privata).
Non
è certo da quando cominciò ad esistere una loggetta ai piedi del
campanile di San Marco. Giulio Lorenzetti (1886-1951) nel suo "Venezia e il suo
estuario" scriveva nel 1926 che dal XII secolo esisteva una «...Loggia
o Ridotto dei Nobili, costruita in contrada di S. Basso...»; poi
questo piccolo edificio sarebbe stato trasportato alla base del campanile.
Non indica una data, o un'epoca, in cui avenne questo trasloco.
Troviamo un riferimento alla Loggetta nella elezione del Doge Giovanni
Dandolo (Doge dal 1280 al 1298): il Doge Jacopo Contarini (Doge dal 1275
al 1280) era ormai avanti con gli anni ed abdicò (o fu fatto abdicare) il
6 marzo 1280 e poco dopo morì.
Con largo consenso Giovanni Dandolo fu chiamato a succedergli il 25 marzo
1280; pare che si trovasse in Istria a combattere dei ribelli, o secondo
altri perché era conte di Cherso ed Ossero e di Arbe.
Comunque la cinquecentesca Cronaca Magno, attribuita a Stefano
Magno, racconta che il neoeletto Doge, mentre «...trovavasi ne la
logeta apresso il campanile di san Marco...» venne alzato di peso da
alcuni popolani per portarlo a Palazzo.
Sempre nella stessa cronaca troviamo un altro riferimento alla Loggetta
nel 1300, ai tempi della congiura
di Marino Bocconio.
Dopo lo scellerato episodio del Bocconio, venne stabilito che vi dovevano
stare i Procuratori durante le sedute del Maggior Consiglio: «...quando
sarà consegio i procuratori siano tegnudi a star in loza picola (loggia
piccola - N.d.R.) de san Marco, la quale è apresso lo campaniel, a ciò
se sentano alcune novità, debbono dar notitia alla Signoria et al suo
Senato.».
In entrambi i passaggi la Loggetta («...logeta...» e «...loza
picola...») è
localizzata «...apresso...» il campanile e non a San Basso.
Nel secondo caso poi risponde ad una precisa logica: se durante le sedute
del Maggior Consiglio i Procuratori sentivano o avevano percezione di
novità o trambusti, dovevano riferire subito alla Signoria. La comunicazione
doveva essere rapida ed efficace: San Basso sarebbe stata più lontana e
defilata rispetto al Palazzo Ducale, mentre la postazione sotto il
campanile si sarebbe trovata di fronte ad uno degli ingressi del Palazzo.
La
Loggetta del Sansovino in un quadro di Luca Carlevarijs prima degli
interventi di Giorgio Massari e Antonio Gai.
La
Loggetta del Sansovino dipinta attorno al 1730 da
Giovanni Antonio Canal, detto il Canaletto: si nota lo stato prima
dell'allargamento dell'attico (The
Barber Institute of Fine Arts, University of Birmingham).
Questa
«...logeta...», che possiamo immaginare fatta di legno, venne
rifabbricata dopo un incendio che nel 1436 la distrusse assieme ad alcune botteghe
di straccivendoli addossate al campanile. La "Cronaca Veniera" della seconda metà del XVI secolo
ci ricorda questa rifabbrica della Loggetta: il ricco veneziano Gabriele
Condulmer (1383-1447) che nel 1431 era divenuto Papa con il nome di
Eugenio IV, aveva ottenuto dal Governo della sua città due galee per la
flotta pontificia. Per prenderne possesso aveva mandato un suo
rappresentante il quale aveva bisogno di armarle; per far questo il giorno
«...30 aprile 1444 piantò banco per armarle nella loza nova del
campaniel di san Marco.»: «...loza nova...», cioè loggia
nuova, quella ricostruita dopo l'incendio del 1436.
La Loggetta venne nuovamente danneggiata alla fine del Quattrocento, o
agli inizi del Cinquecento, ovvero due volte, secondo quanto ci scrivono
Marin Sanudo (1466-1536) e Francesco Sansovino (1521-1586): quest'ultimo
racconta che «A Pie del campanile dirimpetto alla porta di Palazzo è
situata una loggetta antica per instituto, e rovinata del 1489. per la
furia d'una saetta, la quale percotendo la cima del Campanile mandò tanta
materia a terra, che distrusse quasi ogni cosa.».
Il Sanudo nei suoi "Diarii", pur ricordando il
fulmine
del 1489 a seguito del quale venne rifabbricata, aggiunge che nel 1511 la
Loggetta venne nuovamente distrutta dai macigni che caddero dal campanile
durante il terremoto del 26 marzo.
Sarebbe stata comunque ricostruita e così restò fino al rifacimento di
Jacopo Tatti detto il Sansovino (1486-1570) avvenuto a partire dal 1537 e concluso attorno al 1546.
Il fulcro della riprogettazione architettonica che fece il Sansovino alla
Piazza è rappresentato dal campanile e dalla sua valenza simbolica che
mai aveva perso nei secoli precedenti.
Basti pensare a quando il campanile di San Marco da solo riusciva a
rappresentare l'intera città.
La
Loggetta del Sansovino in una fotografia ottocentesca di Paolo
Salviati (1818-1894), il cui negozio nelle Procuratie Nuove,
in prossimità della Libreria sansoviniana, passato agli eredi
risultò danneggiato dal crollo del campanile il 14 luglio
1902.
E'
ben logico quindi che il Sansovino volesse abbellire la Piazza ponendo
quell'ornamento prezioso proprio sotto il campanile e non in un luogo
qualsiasi.
Si può ipotizzare che in origine la Loggetta avesse dovuto circondare il
campanile sui quattro lati e potrebbe essere questo il motivo per cui i
suoi fianchi a mattoni fossero stati lasciati architettonicamente
irrisolti.
Non se ne fece comunque nulla, non sappiamo se per non disturbare le
botteghe
che ormai si trovavano stabilmente addossate.
La valenza simbolica e politica è presente nella Loggetta con numerosi
segni allegorici che esaltano il valore della città e ci indicano che ci
troviamo nel cuore del potere politico della Repubblica.
La costruzione stessa evoca, con la sua architettura, la forma dell'arco
trionfale romano.
Sulla fascia alta della facciata il Sansovino pose tre bassorilievi per
rappresentare «...il dominio e la signoria di terra ferma e di mare...»: al centro «...siede una
Venetia in forma di Giustizia, sotto alla quale sono distesi i fiumi che
versano acqua, e questi rappresentano le città di terra.». A lato due pannelli: a sinistra
Giove e a destra Venere a rappresentare i domini sul mare, rispettivamente
le isole di Candia (Creta) e Cipro dove la tradizione colloca la nascita
delle due divinità: «...Venere significativa del Regno di Cipro, come
quella che fu Dea e Regina di quel Regno. Dall'altro lato è un Giove che
fu Rè di Candia, la cui sepoltura, come afferma Lattantio Firmiano,
stette lungamente in quell'isola (...) e accioche si conosca che la
figura sia Giove, vi è una Aquila in aria che gli porge la Verga reale, e
tutte queste cose sono espressive dell'Isola di Candia.».
La
Loggetta del Sansovino in un francobollo del 1970.
Sotto ricavò quattro nicchie negli interspazi che separano le tre arcate.
Nelle nicchie il Sansovino collocò quattro statue di bronzo, opera sua e
firmate 1540-45: Minerva, o Pallade, nel suo attributo di Sapienza.
Francesco Sansovino, figlio di Jacopo Sansovino, annotò che «Havendo
adunque gli antichi figurata Pallade per la sapientia...» suo padre
volle «...che questa figura sia Pallade armata, e in atto pronto, e
vivente, perché la sapientia di questi Padri, nelle cose di Stato è singolare
e senza pari alcuno.».
Apollo, identificato anche come dio del Sole oltre che delle arti e della
musica, «...esprime, che si come Apollo significa il Sole, e il Sole è
veramente un solo, e non più, e però si chiama Sole, così questa Repub.
(Repubblica - N.d.R.) per constitutioni di leggi, per unione, e per
incorrotta libertà è una sola nel mondo senza più, regolata con
giustitia e con sapientia. Oltre a ciò si sa per ogn'uno, che questa
natione si diletta per ordinario della musica, e però Apollo è figurato
per la musica.».
Le
quattro statue bronzee opera del Sansovino. Da sinistra: Minerva (o
Pallade), Apollo (o il Sole), Mercurio e la Pace.
Mercurio, dio dell'eloquenza, venne scelto perché «...tutte le cose
prudentemente pensate e disposte, hanno bisogno d'essere espresse con
eloquenza, percioche le cose dette con facondia, hanno molto più forza ne
gli animi di coloro, che ascoltano (...) e in questa Repub. (Repubblica -
N.d.R.) la eloquenza ha sempre havuto gran luogo, e gli huomini eloquenti
vi sono stati in numero grande...», così il Sansovino ha voluto «...figurar
Mercurio, come significativo delle lettere e della eloquenza.». Infine la quarta statua raffigura la Pace «...tanto amata da questa
Rep. (Repubblica - N.d.R.) per la quale è cresciuta a tanta
grandezza, e la quale la constituisce Metropoli di tutta Italia, per i
negotii da terra e da mare, quella pace (...) che il Signor diede al
Protettor di Venetia, S. Marco, dicendoli, Pax tibi Marce Evangelista
meus.».
Ricostruzione
del gruppo della Vergine col Bambino e San Giovannino di Jacopo
Sansovino come si presentava in origine prima che si frammentasse in
migliaia di pezzi(Venezia,
Museo di San Marco).
Non
va dimenticata, tra l'apparato statuario della Loggetta, la Vergine col
Bambino e San Giovannino collocata all'interno in «...una nicchia
sopra il seggio de i Procuratori (...) tenuta in molto pregio...»,
opera in terracotta firmata da Jacopo Sansovino.
Nel
1663 venne aggiunta davanti alla facciata originaria una terrazza
balaustrata isolando la Loggetta dalla Piazzetta; l'intervento potrebbe
essere stato eseguito da Baldassare Longhena (1598-1682), ma non c'è
prova documentale certa. In quell'occasione
vennero ricavati due portali dalle arcate laterali e vennero modificate le
finestre sui fianchi trasformandole in due grandi trifore.
Negli anni 1735-37, su impulso del Procuratore Marcantonio Giustinian,
venne compiuta l'ultima serie di interventi significativi: oltre ad
un'operazione di restauro e di consolidamento generale dell'opera con la
sistemazione degli interni, vennero realizzati da Antonio Gai (1686-1769)
l'elegante cancelletto di bronzo e l'ampliamento laterale dell'attico con
l'aggiunta di due pannelli marmorei con putti a bassorilievo. Come abbiamo scritto, la Loggetta originariamente
era destinata «...per ridotto de nobili, i quali ne tempi così di verno,
come di state, vi passavano il tempo in ragionamenti.».
Cessato l'uso di ritrovo della nobiltà, stava «...serrata (chiusa - N.d.
R.) per la maggior parte, fuori che ne giorni che si fa gran Consiglio.
Percioche allora i Procuratori (toccando la volta a vicenda ad ogni
Procuratia) vi stanno alla guardia, sino che i nobili escono di
Consiglio...».
Questo compito nel 1569 venne affidato ai marangoni dell'Arsenale
(o arsenalotti).
Come ricordato poco sopra con l'episodio della
venuta del legato di Papa Eugenio IV, la Loggetta era diventata anche un
punto di riferimento per i marinai in cerca di imbarco.
Inoltre fino al 1902 vi avvenivano le estrazioni del lotto.
L'estrazione del lotto
davanti alla Loggetta in un dipinto ottocentesco di Eugenio
Bosa (1807-1875).
I
resti puntellati della Loggetta dopo lo sgombero delle macerie del
campanile (Foto
di anonimo su carta albuminata. Collezione privata).
Quando
il 14 luglio 1902 il campanile di San Marco crollò, le macerie travolsero
la Loggetta che venne letteralmente sbriciolata.
Curiosamente la terrazza, aggiunta davanti alla facciata nel 1663, slittò
in avanti mentre dal cumulo delle rovine emergevano, qua e là, frammenti
maggiori, pezzi di colonne e di bassorilievi.
Un
grosso frammento lapideo della Loggetta emerge dalle rovine
del campanile dopo il crollo (Foto
di Aldo Jesurum, firmata, montata su cartoncino. Collezione
privata).
Durante la fase di rimozione delle macerie del campanile si prestò la
massima attenzione nel recuperare anche i più minuti resti dell'apparato
decorativo della Loggetta: basti pensare che della Madonna in terracotta
del Sansovino, che si trovava all'interno, furono recuperati 1400 pezzi
(ma c'è chi ha scritto «...più di mille e seicento frammenti...»).
Procedendo nello sgombero, tutti i pezzi appartenenti alla Loggetta
furono riposti sotto i portici del cortile interno di Palazzo Ducale. Qui
si cominciò anche a dar loro un'identità, a ricomporli in insiemi
maggiori, ma tanto materiale era andato perduto in mezzo ai detriti del
campanile.
Mentre il progredire (con interruzioni e rallentamenti) della
ricostruzione del campanile era sotto gli occhi di tutti, la ricostruzione
della Loggetta avvenne silenziosamente e con meno clamore pubblico.
Si trattava di un'operazione difficile: si dovevano reintegrare le statue
ed i bassorilievi delle
parti perdute, anche se per molti di
essi si preferì lasciare in evidenza le lacune, le mancanze, quasi a non
voler interferire sull'opera originaria con moderni rattoppi.
Molti
bassorilievi frammentati furono ricomposti lasciando le lacune delle
parti lapidee perdute.
Le
quattro statue in bronzo, opera dello stesso Sansovino, ed il cancello
della Loggetta, opera di Antonio Gai, furono affidate per il restauro ad
un fonditore, Emanuele Munaretti, che si era aggiudicato l'appalto in
maniera alquanto discutibile e che lavorava anche al ripristino
dell'angelo del campanile. Tuttavia alla fine del lavoro ricevette
elogi per la sua opera.
La
Madonna del Sansovino durante la lunga operazione di restauro.
La ricostruzione della Madonna in terracotta richiese molto più tempo: si
dovettero integrare le parti mancanti e purtroppo non fu possibile
ripristinare la figura di San Giovannino: così oggi il gruppo si presenta
mutilo ed anche disarmonico. L'attenzione della Madonna e del Bambino è
proteso verso la destra dello spettatore in maniera incomprensibile se non
si sapesse che sono rivolti verso San Giovanni Bambino che ora non c'è
più, come nella ricostruzione mostrata sopra.
Come
si presenta oggi la Madonna del Sansovino (Venezia,
Museo di San Marco).
Tutto l'apparato decorativo venne approntato e provvisoriamente
assemblato negli spazi di Palazzo Ducale di fronte alla riva Barbarigo.
Di pari passo con la ricostruzione del campanile vennero gettate le
fondazioni per la Loggetta sulle quali venne costruita la nuova struttura
che avrebbe ospitato tutte le coperture lapidee così restaurate ed
integrate.
Del tutto nuovi risultarono i fianchi della Loggetta: lasciati irrisolti
dal Sansovino, che forse pensava ad una Loggetta che abbracciasse il
campanile sui quattro lati, rifatti in modo poco soddisfacente verso la
metà del Seicento con l'apertura di grandi trifore, ci si poneva ora
davanti al problema se anche questi dovessero essere rifatti
"com'era". Alla fine si optò per una soluzione che desse
maggiore decoro e prestigio al manufatto tradendo il dogma del
"com'era". Ma per arrivare alla soluzione che poi sarebbe stata
adottata, si vollero fare delle prove con delle sagome di legno a misura
reale.
Alla fine del lavoro, conclusosi nel gennaio 1911, si poté valutare che mentre per le parti scultoree
il reimpiego dei materiali originali fu quasi totale, per le parti
architettoniche questo reimpiego fu di circa la metà: in altre parole per
la metà esse furono modernamente rifatte (ad esempio cinque delle otto
colonne furono rifatte ex novo).