La
corte del Duca Sforza, con l'affaccio sul Canal Grande.
A
San Samuele.
Questa corte prende il nome dal Duca di Milano Francesco Sforza
(1401-1466) ed è legata ad una vicenda curiosa.
Qui, con affaccio principale sul Canal Grande ed un lato fiancheggiante il
rio omonimo, doveva sorgere un grande palazzo, progettato per la famiglia
Cornèr da Bartolomeo
Bon (1405/10 circa- 1464/7) aiutato da un certo «...Maestro Paolo
[Bregno? - N.d.R.] ...» sul luogo dove precedentemente esisteva una
fornace.
Scrive infatti il cronachista Stefano Magno (circa 1499-1572) che «...Andrea
Corner allora facea fabbricar le fondamenta di la casa a S. Samuel sopra
il Canal Grande, dove fu la fornasa».
Secondo le intenzioni di Marco Cornèr, fratello di Andrea e padre di
Caterina Cornèr, o Cornaro, Regina di Cipro (1454-1510) il palazzo avrebbe dovuto avere un salone
centrale lungo 55 metri e mezzo, più grande della sala del Maggior
Consiglio nel Palazzo Ducale!
Tre
stemmi Nani in corte del Duca Sforza rispettivamente ai numeri
civici 3045, 3050 e 3063.
Ma per la famiglia Cornèr le cose prendono una piega diversa: infatti
Francesco Sforza aveva ricevuto in dono dalla Repubblica il trecentesco
palazzo del Cagnòn, in campo San Polo, oggi noto come palazzo Cornèr
Mocenigo, ricostruito da Michele Sanmicheli (1484-1559) dopo l'incendio
che lo distrusse nel 1535. Così mentre il palazzo sul Canal Grande, in
quella che oggi si chiama corte del Duca, era ancora in costruzione, avvenne
uno scambio: negli anni 1460-61 Francesco Sforza permutò il palazzo di
San Polo «...cum Marco Corner per la casa sopra il Canal Grande feva
suo fradello».
Stemma
Nani in scudo sorretto da un angelo entro una cornice dentellata in
corte del Duca Sforza presso il civico 3051.
Francesco
Sforza si accinse quindi ad avviarne la costruzione secondo il progetto
dell'architetto Antonio Averlino (o Averulino) detto Filarete (circa
1400-1469) al quale si deve, tra l'altro, la costruzione dell'Ospedale
Maggiore di Milano.
Altra
vista sulla corte del Duca Sforza: nel 2018 l'albero è stato
tagliato, a causa della sua pericolosa vicinanza con gli
edifici, è sostituito da un più modesto palmizio.
Un
Leone di San Marco con il Libro e sottostante cartiglio con la
scritta «sub umbra alarum tuarum» in corrispondenza del numero civico 3054.
I rapporti tra Venezia e Francesco Sforza furono altalenanti, secondo le
mire e le ambizioni delle due potenze: tutto bene quando gli obiettivi
erano di comune convenienza, un po' meno bene -per usare un eufemismo-
quando gli avvenimenti inducono Francesco a mutare casacca per raggiungere
maggiori interessi personali.
Un
traforo di pietra con al centro lo stemma Nani all'altezza del terzo
piano in corrispondenza del numero civico 3054.
Secondo
alcuni rappresenterebbe l'arcangelo Gabriele, presso il civico 3067.
Fu
così che il duca Francesco Sforza divenne un nemico della Repubblica e di
conseguenza fu espropriato del palazzo ancora incompiuto.
L'edificio, non ultimato, fu forse occupato in parte dallo stesso Bartolomeo
Bon.
Anche Tiziano Vecellio (1480/5-1576) utilizzò alcune di queste stanze per
dipingere dei telèri destinati ad adornare il palazzo Ducale.
Finalmente il 29 luglio 1525 il palazzo fu venduto al pubblico incanto.
Entrò così in possesso del Procuratore di San Marco Vittore Grimani che
incaricò Jacopo Sansovino (1486-1570) di predisporre un nuovo progetto.
Ma anche questo progetto non andò a buon fine.
Stemma
con Leone di San Marco sovrastato dal corno ducale vicino al
numero civico 3050.
Pietra
di Nanto resa indecifrabile dalla friabilità del materiale
presso il numero civico 3054.
Una
croce presso il civico 3064.
Una
sirena bicaudata presso il civico 3054.
In questo palazzo forse, non è certo, abitò l'ecclesiastico e diplomatico
spagnolo Alfonso de la Cueva y Benavides marchese di Bedmar (1572-1655)
che fu ambasciatore a Venezia tra il 1607 ed il 1618; a lui si attribuisce
una congiura volta a destabilizzare la Repubblica di Venezia infiltrando
degli agenti prezzolati per tramare all'interno di alcuni organismi del
governo veneziano.
La vicenda si risolse con la promozione del diplomatico che prima fu
allontanato e trasferito a presiedere il Consiglio delle Fiandre e poi fu nominato
cardinale e vescovo di Oviedo.
Della colossale costruzione che aveva immaginato Marco Cornèr oggi
rimangono solo due fusti di colonna (sul Canal Grande), una parte del
basamento in bugnato diamantato (sul Canal Grande e sul rio del Duca), due grandi
porte d'acqua e due finestre (sul rio del Duca). Tutto il resto è una anonima
costruzione ottocentesca.
Sul lato esterno dell'edificio sono visibili due stemmi Nani (la famiglia
Nani Mocenigo era divenuta proprietaria del palazzo) retti da
altrettanti leoni marciani, uno sulla facciata prospiciente il Canal
Grande, l'altro sul lato verso il rio interno.
Anche sulle pareti delle costruzioni sulla corte sono
visibili ripetutamente gli stemmi Nani. Oltre a questi, segnaliamo altri
reperti lapidei (ma anche in cotto) di epoche diverse.
Sul lato interno dell'edificio sotto il quale si apre il sotopòrtego
che porta alla rivetta sul Canal Grande è visibile, all'ultimo piano, un
bel traforo in pietra che reca al centro ancora uno stemma della famiglia
Nani.
Sotto, all'altezza del primo piano, c'è un Leone marciano, inquadrato
entro una cornice rettangolare, con un cartiglio separato sottostante che
reca la scritta:
«SVB VMBRA
ALARVM TVARVM»
(sotto l'ombra delle tue ali).
Vicino è presente un tondo con il
Leone di San Marco sovrastato dal corno ducale; sempre nei pressi si piò
vedere un
frammento di pietra di Nanto corroso e indecifrabile mentre sopra il
passaggio per accedere alla rivetta sul Canal Grande c'è una inconsueta
sirena bicaudata (in cotto), antica e mitica figura legata a culti
arcaici.
Sempre in cotto si può notare poi una croce bizantina e non distante un
tondo in pietra d'Istria con una figura alata: secondo Alberto Rizzi, il
massimo esperto di sculture esterne a Venezia, rappresenterebbe
l'arcangelo Gabriele: sono incise le iniziali «A» e «R».
In un edificio di corte del Duca era ospitata, non sappiamo se lo sia
ancora oggi, una interessante collezione
privata allestita da Caterina Velluti Mocenigo che comprende raccolte di arte orientale (collezione
dell'ambasciatore Hugues Le Gallais) e porcellane del Settecento
(collezione del conte Marino Nani Mocenigo).
Parte
della costruzione ottocentesca sovrapposta a quello che doveva
diventare, e non lo fu mai, il palazzo voluto da Marco
Cornèr.