La
storia del 3 centesimi dello Stato Pontificio stampato su carta verde nel
1867 è piuttosto conosciuta.
Noi la riproponiamo in questa paginetta arricchendola di notizie,
documenti e particolari in genere poco noti.
La
seconda serie dello Stato Pontificio emessa nel 1867 con il valore in
centesimi.
Con editto del 18 giugno 1866 venne
introdotto nello Stato Pontificio il sistema metrico e monetario decimale.
Questo comportò, tra l'altro, l'abbandono degli scudi e dei bajocchi a
favore della lira, ragguagliata alla lira italiana, e dei centesimi.
Il cambio ufficiale venne stabilito in lire 5,375 per ogni scudo (un bajocco
valeva 5,375 centesimi di lira). La riforma entrò in vigore il 9 luglio
1866.
Non si pensò di sostituire da subito i francobolli con la nuova valuta,
cosicché continuarono a circolare quelli in bajocchi e scudi il cui cambio,
ai fini postali, fu fissato in 5 centesimi di lira per un bajocco;
convenzionalmente al francobollo da mezzo bajocco venne attribuito il valore
di 2 centesimi.
Nel frattempo le tariffe postali erano cambiate dal 1852 e non c'era più
bisogno di 11 diversi tagli. A soli quattro giorni dall'applicazione della
nuova monetazione, il 13 luglio 1866 il Sopraintendente Generale delle
Poste, Principe Vittorio
Emanuele Cammillo Massimo (1803-1873), così scriveva al Monsignore Tesoriere
Generale del Ministero delle Finanze:
«In seguito dell'Editto dell'Em.mo Segretario di Stato del 18 giugno p.p.
sull'attuazione del nuovo sistema monetario, dovendo procedersi alla
emissione de' francobolli in armonia della prescritta nuova valuta e delle
Tariffe postali testé pubblicate, il sottoscritto Sopraintendente Generale
proporrebbe alla E. V. Rev.ma che all'attuali categorie:
di uno scudo
"
baiocchi
cinquanta
"
"
otto
"
"
sette
"
"
sei
"
"
cinque
"
"
quattro
"
"
tre
"
"
due
"
"
uno
"
baiocco
mezzo
venissero sostituite le seguenti cioè:
da
centesimi
ottanta
"
"
quaranta
"
"
venti
"
"
dieci
"
"
cinque
"
"
tre
...».
Alla lettera era allegato il progetto di un nuovo regolamento che si
occupava, all'articolo 2, dei nuovi francobolli:
«Questi bollini sono di sei diverse sagome e diversi colori quanti sono i
diversi prezzi, incominciando da tre centesimi e progredendo fino agli
ottanta centesimi nei colori seguenti e cioè:
di tre centesimi in color verde
di cinque centesimi in color turchino cupo
di dieci centesimi in colore arancio
di venti centesimi in colore rosso
di quaranta centesimi in color giallo
di ottanta centesimi in color di rosa.».
Può sorprendere la precisione con cui il Principe indicava i colori dei
francobolli che sarebbero stati emessi oltre quattordici mesi dopo.
Un
saggio del nuovo valore da 2 centesimi, ricavato da uno stereotipo del
2 bajocchi.
La cosa si può spiegare facendo un
passo indietro: sicuramente c'erano state delle preoccupazioni a seguito
della scoperta a Bologna di francobolli falsi per frodare l'Amministrazione
postale, ma maggiore era la preoccupazione per la truffa, che sembrava assai
diffusa, di cancellare l'annullo postale dai francobolli usati per
riutilizzarli nuovamente.
Alcuni francobolli con l'annullo cancellato e riutilizzati erano stati
inviati da Bologna al Sopraintendente Generale affinché prendesse i
provvedimenti del caso.
Non mancarono anche note ufficiali sull'argomento: «...i bolli franchi
del Governo Pontificio (...) sono soggetti ad essere nettati, togliendo la
cancellazione postale, per poterli così riusare...». Vennero fatte
anche delle proposte sulle caratteristiche della carta, tra cui anche quella
secondo cui «La carta per i francobolli non deve essere colorita
in pasta, ma la tinta, in qualunque color si voglia, deve esservi
sovrapposta e chiara...». Proposta che venne accolta con la seconda
emissione di francobolli del 1867.
Si pensava, con questo artifizio, di scoraggiare la pratica della
cancellazione dei timbri: se si eliminava il timbro, si asportava anche il
colore superficiale steso sulla carta (in realtà lo stratagemma non poteva
funzionare perché la superficie lucida colorata impediva all'inchiostro del
timbro di compenetrarsi con le fibre della carta e l'impronta era più
facile da rimuovere).
E' possibile che il Principe Sopraintendente avesse a disposizione dei
campioni di carta colorata per poter attribuire a ciascun campione di colore
un taglio diverso.
Per allestire i nuovi francobolli in centesimi, non furono predisposti nuovi
disegni: senza partire dai punzoni originali, vennero utilizzati alcuni stereotipi
in lega tipografica: Sebastiano Montarsolo scalpellò le indicazioni del
valore in bajocchi praticando degli incavi in cui inserì i caratteri per
formare la nuova indicazione del valore in centesimi. Ritoccò anche i
fiocchi terminali dei cordoni e su alcuni tipi enfatizzò le frange dei
nastri ai lati del triregno.
Per il 3 centesimi utilizzò un cliché del mezzo bajocco, per il 5
centesimi uno del 3 baj., per il 10 centesimi uno dell'8 baj., per il 20
centesimi uno del 4 baj., per il 40 centesimi vennero impiegati due cliché
del 6 baj, per l'80 centesimi uno dell'1 baj.
Esistono delle prove a stampa in nero di questi cliché modificati in
centesimi: inizialmente vennero bocciati, furono richieste delle modifiche
(ad esempio non piaceva la parola «CENT.» scritta a tutto
maiuscolo).
Vennero stampati, sempre in nero, altri nuovi saggi con le modifiche
richieste. Furono impiegati vari tipi di carte, per lo più fabbricate in
Francia, anche colorate in pasta con o senza filigrane di
sicurezza, evidentemente per trovare quella più idonea ad evitare
falsificazioni e cancellature del timbro.
Fra queste carte una era simile a quelle che saranno adottate per la
tiratura: una carta verniciata in superficie di giallo brillante lucido che
fu usata per un saggio da 40 centesimi.
Il
francobollo da 2 centesimi verde.
Venne ordinata a due commercianti romani, Testa e Piccordi (o Piccardi) la
fornitura delle «...seguenti qualità e quantità di carta a macchina
francese, colorata, formato bastardo per uso dei nuovi francobolli, di 500
fogli per risma - risme 90, a Lire 10 sono Lire 900.».
La carta venne presa in carico dal magazzino della Tipografia della
Reverenda Camera Apostolica il 1° marzo 1867.
Ignoriamo i motivi che indussero a cambiare carta: non più carta francese
ma «carta di Germania». Forse quel saggio da 40 centesimi stampato
su carta lucida, colorata solo su un lato, era riuscito così bene da
convincere a cambiare la qualità di carta rivolgendosi al commerciante
Carlo Kolb di Roma che ne era l'importatore.
Ricevuta l'approvazione, dalle matrici definitive si passò alla
preparazione dei cliché necessari per la formazione delle tavole da
stampa. Il lavoro venne svolto dalla Fonderia Tipografia Giuseppe Coccapieller
(o Coccapellier) nel gennaio 1867: infatti il giorno 28 venne pagata per gli
stereotipi di «...francobolli n. 660, del peso di libbre 203 ed oncie 4, a
L. 1,80...» la somma di complessive Lire 362,87.
Il fatto che siano stati predisposti 660 cliché per sei tavole (110
per ogni valore) suggerisce che l'intenzione originaria era di stampare
fogli di 100 francobolli (tenendo 10 cliché di riserva) come per i
francobolli in bajocchi (invece quelli in centesimi verranno stampati in
fogli di 64 pezzi).
Il 13 marzo le tavole, con l'aggiunta dei doppi filetti tipografici di separazione,
furono consegnate da Sebastiano Montarsolo al Capo Contabile Landoni.
Al
Sopraintendente Principe Vittorio Emanuele Cammillo Massimo, man mano che
erano pronti, venivano consegnati alcuni fogli campione per ciascun valore.
Nel frattempo vennero avviati dei contatti tra lo Stato Pontificio ed il
Regno d'Italia, che in quegli anni aveva la capitale a Firenze, per
ripristinare il traffico postale tra i due Stati, dopo che questo era
stato interrotto e sospeso a seguito dei fatti del 1859 e del 1860.
Il Principe Massimo aveva ben presente che nel Regno d'Italia la tariffa
per le stampe era stabilita in 2 centesimi, mentre all'interno dello Stato
Pontificio era di 3 centesimi.
Era convinto che fosse necessario modificare la tariffa per ragguagliarla
a quella italiana e questo prima che sopraggiungesse la convenzione
postale fra le due amministrazioni per «...non aver l'aria di far
dipendere questa da quella.».
Così l'8 maggio 1867 scrisse una lettera avente per oggetto «Proposta di
modificazione sulle tasse delle stampe circolanti nell'interno dello Stato
e della emissione di un francobollo da centesimi due».
«Nelle nuove condizioni che vanno a stabilirsi per il trattamento delle
corrispondenze che si cambiano fra le Amministrazioni Generali delle Poste
Pontificie e di Firenze trovasi determinata per le stampe, la tassa di
centesimi due di Lira per ogni 40 gramme, la quale è divisa a metà fra
le due Amministrazioni.
D'altronde nella tariffa postale (...) dello Stato Pontificio è
stabilita per le stampe la tassa di centesimi tre per ogni quaranta gramme
e il mantenerla in questa misura potrebbe essere occasioni di rimarchi per
parte del pubblico.
Il sottoscritto Sopraintendente Generale proporrebbe quindi di stabilirla
in 2 centesimi, ossia a quella stessa tassa convenuta per le stampe che si
cambiano con l'Amministrazione delle Poste di Firenze.
Ammettendosi nella precitata tariffa la proposta modificazione, siccome il
nuovo regolamento pei francobolli non è stato per anco pubblicato (...)
dovrebbesi al medesimo aggiungere la emissione di un nuovo francobollo da
2 centesimi.».
Il 22 maggio 1867 la proposta fu presentata al Ministero delle Finanze
che, il 3 giugno, diede parere favorevole trasmettendola al Monsignore
Tesoriere Generale.
Il 22 luglio il Consiglio dei Ministri approvò la
proposta precisando che «...si rende necessario che alla serie dei
francobolli, già ammessa da questo Consiglio nella adunanza del 10
settembre 1866, venga aggiunto il frncobollo da due centesimi.».
Il 24 luglio 1867 il Pontefice Pio IX dava la sua approvazione ed il 5
agosto 1867 si diede l'ordine di «scrivere alle Poste»
trasmettendo la relazione ed il decreto del Tesoriere Generale.
L'Amministrazione delle Poste, ricevuti relazione e decreto, per mezzo del
Capo Contabile Landoni scrissero alla Tipografia della Reverenda Camera
Apostolica il 10 agosto 1867:
«Il sig. Francesco Salviucci, Amministratore della Tipografia Camerale, si
compiacerà fare imprimere e confezionare per uso di questa Generale
Amministrazione, le seguenti categorie di Franco-Bolli postali, nelle
quantità qui appresso notate:
Cenere, da due centesimi di Lira, fogli N. Milleottocento da francobolli 64
l'uno.
Verde, da tre centesimi di Lira, fogli Trecentosettantacinque.
Turchino, da cinque centesimi di Lira, fogli Milleottocento.
Arancio, da dieci centesimi di Lira, fogli Ottomila.
Rosso, da venti centesimi di Lira, fogli Tremilaseicento.
Giallo, da quaranta centesimi di Lira, fogli Tremila.
Rosa, da ottanta centesimi di Lira, fogli Milleottocento.».
Osserviamo che nell'ordinativo è confermato per il tre centesimi il colore
verde, mentre al 2 centesimi è attribuito il colore «cenere».
Dalla documentazione conosciuta sui rapporti dell'Amministrazione delle
Poste e della Tipografia Camerale con il fornitore della carta Carlo Kolb
non risulterebbe che quest'ultimo abbia fornito carta di colore «cenere».
Possiamo quindi ragionevolmente ritenere che, a seguito dell'ordinativo
ricevuto, la Tipografia della Reverenda Camera Apostolica abbia stampato
sulla carta verde più fogli del 3 centesimi (certamente almeno uno, ma
probabilmente assai di più).
Il regolamento era già stato
approvato precedentemente all'adozione della nuova tariffa da 2 centesimi
per gli stampati e pertanto dovette essere aggiunta, all'articolo 2, una
postilla che aggiungeva, ai sei valori originariamente stabiliti, il
francobollo da «...due centesimi in color verde». L'aggiunta venne
protocollata al n. 1361 il 6 settembre.
Non sappiamo i motivi che indussero ad invertire i colori già stabiliti
(cenere e verde) del 2 e del 3 centesimi: forse la disponibilità della
carta, o forse addirittura un malinteso non voluto.
L'ordine di predisporre i francobolli da 2 e da 3 centesimi con i colori
invertiti venne dato,
probabilmente, a ridosso del 6 settembre 1867 (la data della postilla al
regolamento).
Il
francobollo da 3 centesimi stampato su carta grigia, o «cenerina».
Il
13 settembre furono consegnati i primi quantitativi di francobolli
all'Amministrazione Generale delle Poste. Si trattava del 5, 10, 20, 40 e
80 centesimi. Il 14 settembre i primi 300 fogli del 2 centesimi verde ed
il 17 settembre i primi 200 fogli del 3 centesimi «cenere». In
quello stesso
17 settembre venne pubblicato il regolamento e nella mattina del
giorno dopo, 18 settembre, il Sopraintendente Principe Massimo presentò «...a
Mons. Tesoriere un saggio dei nuovi francobolli emanati col suo
regolamento di ieri in n. di 64 (un foglio - N.d.A.) per ogni
specie, dei VII valori».
Se il foglio del 2 centesimi (ricavato da uno stereotipo del 2
bajocchi) venne preparato in una dozzina di giorni, c'era stato più tempo
per preparare gli altri fogli, parte dei quali furono stampati già dall'inizio
dell'estate: infatti Carlo Kolb aveva effettuato due consegne di carta
colorata il 19 giugno ed il 19 luglio 1867.
Pensando poi che alla stampa (eseguita dalla Tipografia della Reverenda
Camera Apostolica) doveva seguire la gommatura dei fogli (compito del "libraro"
Giovanni Mambor di Roma), si può ragionevolmente ipotizzare che i
fogli stampati del 3 centesimi su carta verde e non gommati siano stati ben di più e
successivamente inceneriti quando inaspettatamente vennero scambiati i
colori verde e «cenere», salvo quello, o quelli, consegnati al Principe
Massimo per essere presentati al Monsignore Tesoriere.
L'acquisto della carta «cenerina» destinata al nuovo 3 centesimi
avvenne d'urgenza e separatamente e, nonostante la tiratura modesta che
ebbe questo valore, non bastò al punto che la successiva provvista venne
stampata su carta di tonalità differente.
Il
francobollo da 3 centesimi stampato su carta grigio-rosa.
Il
francobollo da 3 centesimi verde.
Il
23 settembre 1867, a mezzo di avviso al pubblico, vennero rese note le
tariffe stabilite dalla convenzione postale tra le Amministrazioni
pontificia e italiana.
Si conservò almeno un foglio del 3 centesimi stampato su carta verde. Che
si trattasse di un foglio e non di qualche esemplare di saggio è
dimostrato, oltre che da una testimonianza diretta della quale diremo
subito subito sotto, dalla presenza dei filetti tipografici di separazione
dei singoli cliché nella tavola da stampa.
E' possibile che si trattasse del foglio che il Sopraintendente Principe
Vittorio Emenuele Camillo Massimo avrebbe dovuto presentare al Monsignore
Tesoriere e che venne sostituito da un foglio del 3 centesimi stampato su
carta «cenerina».
Quel foglio venne conservato dal Principe e rimase in possesso della
famiglia Massimo.
Infatti uno degli esemplari noti di 3 centesimi verde si trovava nella
collezione di un figlio del Sovraintendente, il padre gesuita Massimiliano
Massimo (1849-1911). Dopo la sua morte, venne acquistato nel 1912
dall'avvocato Gioacchino Saraceni.
Un altro esemplare negli anni Venti del Novecento era custodito nella
collezione del Principe Francesco Cammillo XI Massimo, nipote del
Sovraintendente Generale delle Poste. Si trovava in un album accanto al 3
centesimi stampato, ed emesso, in grigio rosa.
Ma non era l'unico 3 centesimi verde in mano alla famiglia dei Principi
Massimo: il nipote ricordava di «...aver visto in casa, da bambino, dei
blocchi di questi valori di 3 cent. in verde...».
Inoltre la seconda moglie del Sopraintendente Generale delle Poste,
Giacinta Della Porta Rodiani (1821-1898), aveva ereditato dal marito,
oltre al resto, tutto quello che si trovava nella camera da letto. Qui il
Sopraintendente teneva la sua collezione di francobolli che passò nella
disponibilità della vedova, la quale «...spesso invitava i nipoti a
farle visita e faceva loro dono dei francobolli pontifici o di altri
Stati, che essa stessa ritagliava dai fogli.».
Attualmente sono noti cinque
esemplari del 3 centesimi stampato su carta verde: esisteva anche un sesto
esemplare in una importante e famosa collezione del passato, ma non si sa che fine abbia fatto e
viene considerato perduto.