La costruzione del ponte di
Rialto, come oggi noi lo vediamo, è stata un'opera ingegneristica frutto di abilità e di tanta esperienza. Non
tutti credevano che sarebbe stata possibile, ma alla fine il ponte in
pietra è ancora lì, dopo oltre quattrocento anni. E non mancò lo
sberleffo rivolto a quelli che non vi credevano.
Il ponte di Rialto in legno e
levatoio per permettere il passaggio dei velieri alberati nella veduta
prospettica "a volo d'uccello" della città di Venezia incisa da
Jacopo de' Barbari su sei tavole di legno di pero. La xilografia, una volta
stampata, offre una dettagliata rappresentazione della città nell'anno
1500.
I più antichi insediamenti di
Venezia erano avvenuti all'inizio del IX secolo attorno all'area di Rialto, tanto che la città era
anche chiamata "Civitas Rivoalti".
Alcuni vogliono che questo nome derivasse da un fiumiciattolo, Realto o
Prealto, che vi scorresse assieme ad un ramo del Brenta. In realtà non
abbiamo alcuna prova di questo, anche se è evidente che il Canal Grande
con ogni probabilità sia il residuo di un ramo di un antico fiume che
sfociava nella laguna.
E' quindi assai più plausibile che "rivoaltus" altro non
indicasse che un luogo dove le rive, le sponde, erano più alte sul
livello dell'acqua e quindi più asciutte e meno soggette ad essere
alluvionate dall'alternarsi delle maree.
La Rialto di allora non coincideva con l'attuale, ma si estendeva su
entrambe le sponde del Canal Grande, abbracciando all'incirca l'area
dell'odierna zona di Rialto da un lato e dall'altro quella delle chiese di
S. Bartolomeo, S. Salvador, S. Marco e S. Maria Formosa.
Inizialmente per unire le due sponde del canale di questo nucleo
originario della città, bastavano delle barche, che traghettavano la
gente e le merci da una parte all'altra.
Vittore Carpaccio (1465 circa-1526)
dipinge questa tela rappresentante il Miracolo della Reliquia della Santa
Croce probabilmente nel 1494. L'evento miracoloso passa in secondo piano di
fronte alla rappresentazione che fa della città, colta in uno dei suoi
punti nevralgici in un'epoca vicinissima a quella della pianta del de'
Barbari: sullo sfondo il ponte di Rialto è ancora quello ligneo del 1458,
con la parte mobile al centro per consentire il transito delle imbarcazioni
più grandi.
L'ampliarsi dell'importanza di Rialto fece sentire l'esigenza di trovare una
struttura stabile che unisse le due parti della città.
La prima notizia che abbiamo è del 1175 (o 1180), quando un ponte, poco più di una
passerella posta su delle barche, univa le sponde. Era stato costruito da un
certo Nicolò Starattoni (o Barattieri, secondo un'altra fonte) ed era
chiamato ponte della "moneta": secondo alcuni perché per
attraversarlo si doveva pagare un pedaggio, secondo altri perché vi era a
quel tempo l'edificio della Zecca in prossimità dell'ingresso orientale.
I commerci che si andavano concentrando sulla sponda orientale del canale fecero
aumentare il traffico sul ponte galleggiante, che venne sostituito nel 1264
da un primo ponte fisso, costruito ovviamente in legno su palafitte.
Consisteva in due rampe inclinate che si congiungevano su una sezione
centrale mobile, che poteva essere sollevata per consentire il passaggio
delle navi con alte alberature.
E' in questo periodo che il ponte "della moneta" cominciò ad
essere chiamato "di Rialto".
Venne distrutto dai congiurati di Bajamonte
Tiepolo il 15 giugno 1310 mentre
si davano alla fuga dopo il maldestro tentativo di assalire il palazzo ducale per
uccidere il
doge Pietro Gradenigo.
Il progetto per il ponte di Rialto
in pietra ed a tre arcate presentato da Andrea Palladio, ma che non fu
giudicato idoneo.
Ricostruito in quell'anno, durò fino al 1444 quando crollò per la troppa
folla accorsa a vedere il passaggio della sposa del marchese di Ferrara.
Si succedettero altre ricostruzioni, come quella del 1458.
Il ponte levatoio ormai era più largo, con due file di botteghe ai lati.
I proventi che derivavano dall'affitto dei negozi contribuivano a sostenere
le spese di manutenzione del ponte.
Con il passare degli anni, e con l'aumentata potenza e grandiosità della
città, il ponte in legno appariva sempre più inadeguato: il legno, con
cui era fatto, abbisognava di frequenti restauri e puntellature.
Probabilmente è Fra' Giocondo, frate ed architetto di Verona, a lanciare
per primo la proposta di riedificare il ponte di Rialto totalmente in pietra, ma ci vollero ancora degli anni, ed un
crollo nel 1524, prima di prendere seriamente in considerazione l'idea.
Intanto numerosi architetti avanzavano proposte e progetti per la sua
riedificazione. Qualcuno ipotizza che lo stesso Michelangelo, di passaggio
per Venezia nel 1529, abbia voluto fare un progetto per il ponte in pietra e
lo stesso Vasari lo avrebbe visto esaltandone l'invenzione e la
magnificenza. Ma di questo progetto michelangiolesco, che secondo alcuni
comparirebbe in trattati e raccolte (del Gautier, del Durand, del Gauthey)
in realtà non è restata sicura traccia.
Particolare del progetto per il
ponte di Rialto di Andrea Palladio contenuto ne "I quattro libri
dell'architettura" pubblicato a Venezia nel 1570.
Canaletto ha realizzato uno dei
suoi "Capricci" con il ponte di Rialto secondo la ristrutturazione
cinquecentesca di impianto classicheggiante che era stata proposta e mai
realizzata da Andrea Palladio. L'opera, della quale è mostrato un
dettaglio, è conservata presso la Pinacoteca di Parma.
La decisione presa nel 1524 portò ad indire nel 1525 una sorta di concorso pubblico
per la realizzazione del ponte in pietra, al quale parteciparono i maggiori
architetti dell'epoca. Tra i vari progetti, alcuni anche molto stravaganti,
come quello che prevedeva la costruzione, sopra il ponte, di un palazzo
pubblico con numerosi piani, possediamo quello di Andrea Palladio, con un
ponte a tre arcate di ispirazione classicheggiante.
Altre opere furono presentate da Jacopo Sansovino, il Vignola e più tardi
da Andrea da
Ponte, Vincenzo Scamozzi e Alvise Boldù.
Il
ponte di Rialto secondo il progetto di Guglielmo Marastoni.
Il progetto per il ponte di Rialto
presentato da Vincenzo Scamozzi.
Si continuava a tergiversare. Da un lato scorrevano gelosie tra questi
illustri uomini che accusavano a vicenda il progetto dell'avversario
pronosticando crolli e distruzioni.
Ma c'era anche il problema economico: questi progetti richiedevano un grande
investimento ed a quel tempo la Serenissima Repubblica era un po' taccagna.
Che non fossero comunque estranee le gelosie tra gli architetti lo dimostra
il fatto che solo alla morte del Sansovino (1570) si riprende a parlare del
nuovo ponte indicendo un nuovo concorso per la sua progettazione.
Oggi autore del ponte di Rialto viene indicato Andrea da Ponte, ma fonti ci
indicano che inizialmente il progetto vincitore sarebbe stato quello
presentato "dal Nobil Homo Alvise Boldù".
Il ponte di Rialto in una
fotografia di fine Ottocento.
E' molto probabile che la realizzazione non abbia seguito un unico progetto,
ma un'idea scaturita dai diversi progetti presentati coordinata e
concretizzata dal da Ponte.
La prima pietra fu posata l'8 giugno 1588 e dopo tre anni era "quasi"
finito. Il costo fu di 250.000 ducati.
Il cronista dell'epoca ci dice che era fatto con un sol arco ("in uno
volto... senza alcun pallo in acqua") e l'8 giugno 1588 annota: "giorno
de zioba alle 18 ore, fu gettata la prima pietra di marmoro nella fondamenta
del ponte novo dalla parte di Rialto et furono sbarate alcune codete de fero
per segno di allegrezza, et vi fu el sagrestano della chiesa de S. Giacomo,
con la cotta et stolla aspergendo con acqua santa".
A sinistra il vecchio seduto (un
satiro?) con, tra le gambe, una terza munita di unghie; a destra una vecchia
(una sfinge?), ugualmente seduta, con un fuoco che le arde tra le gambe.
Sull'arco vennero poste le tre figure dell'Annunciazione, bassorilievi opera di Agostino Rubini: in corrispondenza della testata di
sinistra l'Arcangelo Gabriele, su quella di destra la Madonna ed al centro, sulla chiave di volta,
la Colomba dello Spirito Santo. Quasi un sigillo per una città che si è
sempre identificata con la Madonna e che pone il proprio "dies natalis"
il 25 marzo, giorno dell'Annunciazione.
I lunghi anni di diatribe sul fatto di costruire o non costruire un
ponte di pietra era diventato un attuale argomento di conversazione anche
tra il popolo che frequentava il mercato di Rialto: anche questa gente comune e semplice si era schierata tra
chi sosteneva che il ponte sarebbe stato fatto e chi invece sosteneva di
no, se non addirittura che sarebbe crollato.
Tra quest'ultimi la tradizione ricorda due figure di popolani, un vecchio
ed una vecchia. Il vecchio, infervorandosi nella discussione, grazie
magari a qualche bicchiere di troppo bevuto in una delle tante osterie che
a Rialto non mancavano, scuoteva la testa e
brontolava: "Voglio, se ciò si farà, mi nasca un'unghia fra le cosce!" (altre versioni dialettali più esplicite: "...me
cressa un'ongia sull'oseo!").
Ed una vecchia non era da meno: "Voglio che le fiamme m'abbrucino la
natura!" (più esplicitamente: "...che me ciapasse fogo
la mona!" ).
E questi due personaggi sarebbero ricordati in due capitelli del vicino
palazzo dei Camerlenghi: in uno di sinistra il vecchio (in realtà
probabilmente un satiro o un fauno), in un altro a destra la vecchia
(forse solo una sfinge).
Emmanuele Antonio Cicogna (1789-1868) nei suoi diari, sotto la data del 27
settembre 1815 fa cenno ad un episodio simile, ma riferendolo alla
costruzione del palazzo dei Camerlenghi ed alla sola vecchia: "Vuole
la cronaca volgare che tempo prima che si pensasse di costruire il palazzo
de' Camerlenghi ivi soggiornasse una vecchia questuante. Avendolo essa
sentito, nol voleva credere, così esprimendosi: se si fa el palazzo me la
bruso. Da ciò il capriccioso scalpello dello scultore avrebbe indicato il
detto della vecchia colla figura oscena che tutt'ora ivi si osserva."
Ma il Cicogna non fa cenno al vecchio.