Salam Israele, Shalom Palestina


|Torna all'indice della home page| |Torna all'indice "I miei viaggi"|

|vai a pagina 1| vai a pagina 2| pagina 3| vai a pagina 4| vai a pagina 5| vai a pagina 6|

Il deserto di Giuda: verso l'orizzonte c'è la Samaria.
Il nostro viaggio prosegue verso il sud del paese, per la strada che corre parallela al fiume Giordano e vicino al confine con la Giordania.
Da un lato, verso occidente, vediamo i monti della Samaria mentre dal lato opposto per lunghi tratti ci scorre vicinissimo il tracciato presidiato che segna i limiti della zona di confine con la Giordania.
Scendendo il paesaggio diventa sempre più arido: stiamo entrando nel deserto di Giuda.
Il deserto è un luogo ricco di significati.
Nella Bibbia è simbolo di maledizione divina:
"Finché non siano devastate le città, senza abitanti, le case senza uomini e la campagna resti deserta e desolata".
(Isaia 6, 11)
Ma al tempo stesso i quarant'anni vissuti dal popolo d'Israele nel deserto sono ricordati con nostalgia:
"Perché il Signore tuo Dio ti ha benedetto in ogni lavoro delle tue mani, ti ha seguito nel tuo viaggio attraverso questo grande deserto; il Signore tuo Dio è stato con te in questi quaranta anni e non ti è mancato nulla."
(Deuteronomio 2, 7)
Il deserto è anche il luogo privilegiato dell'incontro con Dio:
"Così dice il Signore: «Ha trovato grazia nel deserto un popolo di scampati alla spada; Israele si avvia a una quieta dimora»."
(Geremia 31, 2)
Il deserto di Giuda viene anche considerato dagli esegeti il luogo dove Giovanni Battista si preparò alla sua missione:
"Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele."
(Luca 1, 80)
"...la parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto."
(Luca 3, 2)
Il monte della Quarantena (Jebel Qarantal).
Avvicinandoci a Gerico, a nord-ovest della città, giriamo attorno ad un monte (il Jebel Qarantal) dove, secondo la tradizione, Gesù fu tentato dal demonio. Sulle sue pendici è stato eretto il monastero greco-ortodosso della Quarantena verso la fine dell'Ottocento, là dove c'erano delle grotte usate dagli eremiti fin dal V secolo.
All'interno del monastero, che oggi si può raggiungere con una moderna teleferica, e precisamente nella chiesa della tentazione, sono conservate un centinaio di icone dei secoli XVIII e XIX.
Sulla sommità del monte alcune mura indicano l'inizio della costruzione, mai ultimata, di un monastero russo.
"Di nuovo il diavolo lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse «Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai»."
(Matteo 4, 8-9)
Gli scavi archeologici di Gerico.
Sotto il monte, immersa come in una grande oasi, ricca di verde e di palme per l'abbondanza di acqua, c'è Gerico, quella che viene considerata la più antica città del mondo.
In realtà ci troviamo di fronte a più Gerico: quella biblica, conquistata da Giosuè, della quale visitiamo le rovine del Tell es-Sultan, quella costruita da Erode, infine quella moderna.
"Al settimo giorno essi si alzarono al sorgere dell`aurora e girarono intorno alla città in questo modo per sette volte; soltanto in quel giorno fecero sette volte il giro intorno alla città. Alla settima volta i sacerdoti diedero fiato alle trombe e Giosuè disse al popolo: «Lanciate il grido di guerra perché il Signore mette in vostro potere la città...»"
(Giosuè 6, 15-16)
Gli scavi archeologici non sono riusciti a trovare tracce della conquista ebraica, né delle mura rase al suolo da Giosuè.
L'antica strada che da Gerico porta a Gerusalemme.
 
Il monastero di San Giorgio.
Tuttavia hanno individuato una torre in pietra risalente al 7000 a. C. con all'interno una scala che scendeva per sei metri. Un doppio muro difensivo risale invece al terzo millennio prima di Cristo. Gli scavi hanno messo in evidenza la stratigrafia dei periodi che si sono succeduti.
Erode ricostruì Gerico a sud-ovest di quella antica: si tratta della Gerico evangelica dove avvenne l'incontro di Gesù con Zaccheo.
"Entrato in Gèrico, attraversava la città. Ed ecco un uomo di nome Zaccheo..."
(Luca 19, 1-2)
Gesù doveva conoscere bene Gerico che era diventata una mèta obbligata prima di affrontare il deserto di Giuda, soprattutto dopo la costruzione della strada che la collegava a Gerusalemme. Oggi si conservano alcuni tratti di questa antica strada, anche se non è più praticata.
Infatti, per facilitare il controllo del territorio, gli Israeliani l'hanno sbarrata, costringendo ad utilizzare le strade n. 1 e n. 90.
E' restato percorribile solo il tratto che raggiunge il monastero di S. Giorgio, per non isolare completamente i monaci che vi risiedono e consentire il passaggio dei pellegrini.
Il monastero greco-ortodosso di S. Giorgio venne fondato nel 480 sul versante occidentale roccioso del wadi el-Kelt, su tre livelli, in uno scenario mozzafiato.
Vicino, sull'antica strada romana, sono visibili i resti di una stazione di posta per viandanti che risale al periodo bizantino, che corrisponde ad un precedente caravanserraglio ebraico.
E' questa la strada e precisamente questa stazione di sosta che aveva ben presenti Gesù nell'ambientare la parabola del buon sammaritano.
"«Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico...; poi caricatolo sopra il suo giumento, lo portò ad una locanda...»"
(Luca 10, 30-35)
Il mar Morto.
Da Gerico, proseguendo verso sud, lungo la strada n. 90, si arriva a costeggiare il mar Morto: un lago salato che vanta una serie di primati.
E' la distesa d'acqua con la più alta concentrazione salina del mondo (dal 30 al 32%) e questo è dovuto alle numerose sorgenti di acque minerali che lo alimentano e per l'intensa evaporazione che, nonostante la mancanza di emissari, fa sì che il livello delle acque rimanga pressoché costante.
Le sue acque sono così dense che il corpo umano vi galleggia con grande facilità ed anzi nuotare è un'attività che richiede un certo sforzo perché il baricentro del corpo risulta spostato e bisogna farci l'abitudine.
Un altro primato del mar Morto è l'essere la massima depressione terrestre: è situato nella Great Rift Valley, che giunge fino a 800 metri sotto il livello del mare: la superficie delle acque del lago è quindi a circa 400 metri sotto il livello del mare.
Nel Vecchio Testamento è chiamato "Yam Ha Melah" ("mare del sale"), i Greci ed i Romani lo chiamavano "lago d'asfalto", gli arabi "mare di Lot".
Una delle grotte di Qumran.
"...il cui confine è costituito dal Giordano, da Genèsaret fino al mare dell`Araba, cioè il Mar Morto..."
(Deuteronomio 3, 17)
Siamo nella Cisgiordania e sul lato opposto del lago, le rive occidentali e le alture sono già Giordania.
Qui a Qumran nel 1947, tra le montagne nell'area nord-occidentale del lago, un pastorello che cercava una pecora smarrita, o piuttosto che per gioco e passare il tempo lanciava dei sassi, fece una scoperta clamorosa.
Non è certo quel che accadde: si avventurò in una grotta per cercare la pecorella o fu attirato dalla curiosità per aver udito il colpo del sasso risuonare per aver colpito qualcosa di vuoto. Fatto sta che in quella grotta trovò dei vasi ancora sigillati ed in quei vasi centinaia di rotoli di scrittura antica: i famosi rotoli del mar Morto risalenti per lo più al I secolo a. C.
Successive campagne archeologiche portarono alla luce l'esistenza dei resti di un insediamento di una numerosa comunità religiosa organizzata, dedita alla preghiera, alla meditazione, allo studio ed alla copiatura di testi biblici e ad altre grotte abitate dove furono nascosti altri manoscritti.
Gli scavi hanno portato alla luce, tra l'altro, una sala di riunioni, uno "scriptorium" per la copiatura dei testi ed una cucina, oltre ad un sofisticato sistema di canalizzazione dell'acqua.
Qualcuno ha avanzato l'ipotesi, per altro non confermata da alcuna evidenza, che qui si potrebbe essere ritirato per un certo periodo anche Giovanni Battista.
Masada, una porta della fortezza situata in alto di una collina naturale.
Proseguendo sempre per la strada n. 90 verso sud, giungiamo quasi all'estremità meridionale del mar Morto.
Qui, sopra un inespugnabile sperone di roccia, sono state riportate alla luce i resti della fortezza di Masada.
Erode il grande allargò e potenziò il luogo, fece costruire il suo palazzo che si sviluppava su tre piani, un bagno termale, sale di rappresentanza: nei suoi piani Masada doveva diventare un baluardo inespugnabile. Dopo la sua morte, divenuta per breve tempo anche un forte romano, fu occupata nel 66 d. C. dagli Zeloti. Alla caduta di Gerusalemme (70 d. C.) tutti gli Zeloti che erano sopravvissuti, circa un migliaio di persone, si asserragliarono qui.
L'assedio dei Romani, dieci mila uomini comandati dal governatore Flavio Silva, si protrasse per molti mesi: gli assediati disponevano di cibo, acqua ed armi.
Masada, una vista sulla zona dei magazzini.
Vista l'impossibilità di espugnare la fortezza, i Romani ricorsero ad un lavoro immane: costruire un'enorme rampa che potesse portarli dal campo dove erano accampati fino alle mura della fortezza, superando un dislivello di circa 450 metri.
Costruita la rampa con grandissima difficoltà vi portarono in alto, fin sotto le mura, gli arieti di sfondamento. Ma sfondata la muraglia ne incontrarono una seconda, costruita a strati alterni di travi in legno, sabbia e terriccio, contro la quale gli arieti nulla poterono.
I Romani ricorsero al fuoco per bruciare questa trincea difensiva.
Finalmente, entrati nella fortezza, uno spettacolo terrificante ed incredibile si presentò sotto i loro occhi: tutti i mille occupanti si erano suicidati piuttosto che cadere prigionieri dei Romani.
Lo storico contemporaneo Giuseppe Flavio riportò gli avvenimenti, tra cui il discorso con cui il capo degli Zeloti Elazar Ben-Yair convinse i compagni all'estremo gesto.
Dall'alto si scorgono i resti di uno degli accampamenti romani.
 
Vista dall'alto, tra i due sentieri, quello che resta della rampa costruita dai Romani.
"«...Ma finché le nostre mani siano libere e impugnino una spada, adempiamo un servizio di tragica nobiltà! Moriamo, liberi da schiavitù: liberi usciamo dalla vita con i nostri figli, con le nostre mogli, lasciando ai Romani lo stupore per la nostra morte e l'ammirazione per il nostro coraggio!»"
(Giuseppe Flavio, Guerra Giudaica)
E così avvenne.
"...estratti a sorte dieci fra loro col compito di uccidere tutti gli altri, si distesero ciascuno accanto ai corpi della moglie e dei figli e, abbracciandoli, porsero senza esitare la gola agli incaricati di quel triste ufficio. Costoro, dopo che li ebbero uccisi tutti senza deflettere dalla consegna, stabilirono di ricorrere al sorteggio anche fra loro: chi veniva designato doveva uccidere gli altri nove e per ultimo se stesso; tanta era presso tutti la scambievole fiducia che fra loro non vi sarebbe stata alcuna differenza nel dare e nel ricevere la morte. Essi erano morti credendo di non lasciare ai romani nemmeno uno di loro vivo...
I romani, che s'aspettavano di dover ancora combattere...quando furono di fronte alla distesa dei cadaveri, ciò che provavano non fu l'esultanza di aver annientato il nemico, ma l'ammirazione per il disprezzo della morte con cui tanta moltitudine l'aveva messa in atto."
(Giuseppe Flavio, Guerra Giudaica)
Dall'alto della fortezza, che raggiungiamo con una comoda teleferica, si possono vedere sulla piana sottostante le tracce dei sei accampamenti romani ed ancora, dopo duemila anni, è chiaramente identificabile la ciclopica rampa costruita dagli assediati.
I terribili mesi dell'assedio e la tragedia finale sono stati raccontati nel 1981 dal film "Masada" di Boris Sagal, con Peter O'Toole.
Betlemme, il cortile che porta alla basilica della Natività sullo sfondo.
Il nostro racconto si sposta per raggiungere un altro luogo. Ho detto il nostro racconto perché avevo premesso che non seguivo in modo strettamente cronologico il viaggio effettuato.
Siamo ad un paio di chilometri da Betlemme, che vediamo in fondo ad uno stradone, in una zona ricca di cavità e di grotte naturali con molti abitanti che sono ancora oggi dediti alla pastorizia.
Naturalmente non c'è alcuna prova certa, ma si può facilmente immaginare che questi anfratti una volta dessero riparo ai pastori. Una di queste grotte in particolare è stata già nell'antichità luogo di culto e trasformata in cappella. Vicino sorgono le rovine di un monastero risalente al IV secolo.
La tradizione ricorda questo luogo come il campo dei pastori, quei pastori che durante la notte facevano la guardia ai propri greggi e che sarebbero stati i primi ad accogliere l'annuncio dell'angelo.
La porta per entrare nella basilica della Natività è piccola per impedire l'ingresso a soldati a cavallo o uomini in armatura.
"C'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e ... disse loro: «Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è Cristo Signore.»"
(Luca 2, 8-11)
E' non senza emozione che raggiungiamo Betlemme, la città di David e la città dove è nato Gesù.
"Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta.
Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto.
Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo."
(Luca 2, 4-7)
In effetti in nessun luogo dei Vangeli viene menzionata una "grotta", ma solo che venne deposto "in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo".
L'interno della basilica della Natività.
 
La stella d'argento a quattordici punte indica il luogo della nascita di Gesù.
Vedendo le case a ridosso delle rocce ricche di anfratti, si può supporre che una di queste grotte naturali fosse adibita a stalla. D'altronde da subito i primi cristiani venerarono e custodirono questa grotta, nonostante la profanazione dell'imperatore Adriano che vi fece costruire sopra un tempio pagano, indicando così con precisione il luogo.
A partire dal IV secolo iniziò la costruzione del primo di una serie di edifici sacri, che conglobarono all'interno la grotta della quale, oggi, non resta che qualche traccia soprattutto nella zona della "mangiatoia".
Betlemme venne travolta nel 614 dall'esercito persiano, ma la basilica venne risparmiata. E così pure nel 638, quando arrivarono gli Arabi. Nel 1099 Tancredi conquistò la basilica prima che venisse distrutta, cosa che avvenne per il resto della città. Anche quando Betlemme cadde nel 1187 nelle mani del Saladino, ancora una volta la basilica si salvò.
Dalla metà del XIII secolo Betlemme cadde in una decadenza inarrestabile, che la ridusse ad un piccolo villaggio quasi disabitato. Solo da metà Ottocento aumentò il numero dei cristiani che vi andò ad abitare. Dopo il crollo dell'impero ottomano Betlemme seguì le sorti di tutta la Cisgiordania.
Giungiamo dunque nell'ampio cortile e per entrare nella basilica dobbiamo chinarci: infatti la porta nei secoli è stata via via rimpicciolita per evitare che potessero entrare soldati a cavallo o con le armature.
Se all'esterno la basilica ha l'aspetto quasi di una fortezza, l'interno polveroso dà un'impressione di generale abbandono: le colonne che la dividono in cinque navate conservano appena qualche traccia di decorazione, dei mosaici non resta più nulla, il pavimento di epoca giustinianea lascia intravedere al di sotto, in più punti, quello originale di Costantino, ricoperto da dei tavolacci di legno.
Il check point al muro che separa Betlemme da Gerusalemme.
Scendendo sotto l'altare si giunge in quello che resta della grotta della Natività: una stella d'argento a quattordici punte fissata su una lastra di marmo segna il punto in cui nacque Gesù.
"La somma di tutte le generazioni, da Abramo a Davide, è così di quattordici; da Davide fino alla deportazione in Babilonia è ancora di quattordici; dalla deportazione in Babilonia a Cristo è, infine di quattordici."
(Matteo 1, 17)
Betlemme si trova nei territori sottoposti all'Autorità Palestinese.
Nonostante che per la sua vicinanza a Gerusalemme sia difficile a capire dove finisca l'una ed inizi la capitale, il muro in costruzione ce lo fa capire benissimo.
Sulla strada n. 60 un check point ad un varco del muro controlla tutti i mezzi e le persone in entrata ed in uscita.


|vai a pagina 1| vai a pagina 2| pagina 3| vai a pagina 4| vai a pagina 5| vai a pagina 6|

|Torna all'indice della home page| |Torna all'indice "I miei viaggi"|

 
 
Disclaimer & Copyright
Pagina aggiornata il 19 settembre 2017.