E' reato introdurre nei confini
dello Stato, acquistare, detenere o mettere in circolazione francobolli
contraffatti, anche non in corso, ma che hanno avuto corso legale,
emessi sia dallo Stato italiano che da Stati esteri.
Questa
falsificazione venne scoperta a Milano nel gennaio 1983. Qualcuno scrisse
all'epoca che era stata fatta «... per fregare più i collezionisti che
le poste».
Castelli
d'Italia Lire 1000.
Sassone n. 1527
Unificato n. 1527
Cei n. 1546
Bolaffi (numerazione 1956) n. 1488
Bolaffi (numerazione 1986) n. 1558A
Bolaffi (numerazione 2002) n. 1632A
Falso.
Sassone n. F1527
Unificato n. 1527F
Cei n. -- (segnalato ma non catalogato)
Bolaffi (numerazione 1956) n. --
Bolaffi (numerazione 1986) n. (segnalato ma non catalogato)
Bolaffi Forum n. --
Il francobollo da 1000 lire della
serie ordinaria denominata "Castelli d'Italia" vide la luce il 22
settembre 1980.
Se la nuova serie aveva il compito di soppiantare, dopo ventisette anni di
onorato servizio, la gloriosa "Siracusana" (o "Italia
turrita") questo valore era destinato a mettere da parte il 1000 lire
"San Giorgio" del 1957, quando 1000 lire erano considerate,
postalmente parlando, un "alto valore" (seppure un francobollo da
1000 lire faceva parte della sfortunata serie "Michelangiolesca"
del 1961).
Ma ormai il processo inflattivo aveva spostato il livello di "alto
valore" alle 1500 lire per le quali era stato predisposto nel 1978 un
apposito francobollo (cui faranno seguito altri) con una grafica particolare
che aprì la via ad una nuova serie denominata, appunto, "Alti
valori" (o "Cifra").
All'epoca dell'emissione questo francobollo che rappresentava il castello di
Montagnana (Padova) costituiva il tipico valore complementare per ottenere
affrancature di importo maggiore, anche se in realtà poteva soddisfare da
solo qualche inusuale tariffa: ad esempio manoscritti di secondo porto (tra
i 20 ed i 50 grammi) spediti per raccomandata espressa, oppure stampe
raccomandate espresse di quarto porto (tra i 250 ed i 500 grammi).
A causa dell'inflazione galoppante di quegli anni trovò in seguito più
ampio impiego: lettera espressa per l'interno di terzo porto, lettera per
l'interno di quattro porti, diritto di espresso e di raccomandazione,
lettera per l'estero di terzo porto e poi di secondo porto, eccetera.
La falsificazione di questo francobollo fu individuata a Milano nel gennaio
1983. A quel tempo venne scritto che era stata fatta «...per fregare più i
collezionisti che le poste.»
Il francobollo originale era stato stampato in calcografia a quattro colori
(secondo il decreto ministeriale di emissione del 30 ottobre 1980 «...in
azzurro oltremare, nero, verde e arancio») utilizzando una tecnica
innovativa, già sperimentata con la serie "Alti valori", che
consisteva in due passaggi calcografici.
Sul medesimo cilindro di stampa erano incise, fianco a fianco, due
differenti incisioni del foglio di francobolli: una era destinata al colore
azzurro oltremare, l'altra a ricevere i rimanenti tre colori (arancio, verde
e nero) alternativamente al sollevarsi delle "mascherine" che
consentivano una inchiostrazione a zona.
La carta della bobina passava prima sulla metà del cilindro dove erano
incise quelle parti della vignetta che dovevano essere stampate in arancio,
nero e verde con l'impiego delle "mascherine", poi veniva fatta
tornare indietro una seconda volta sull'altra metà del cilindro dove
l'incisione aveva ricevuto l'azzurro oltremare e qui riceveva l'impronta di
tale colore.
Si trattava di una tecnica di stampa piuttosto sofisticata che non era certo
alla portata di una stamperia disposta a produrre francobolli falsi per
frodare la posta.
Per l'imitazione si ricorse alla stampa in offset utilizzata al tratto,
diretta discendente della tecnica litografica.
Durante la riproduzione fotografica della vignetta ed il suo trasferimento
fotomeccanico sulle quattro lastre di stampa (una per ogni colore) si perse
la finezza dei dettagli, le linee si ingrossarono, come si nota anche nel
particolare qui sotto che mostra una zona dove sono presenti tutti i quattro
colori.
Originale: le
linee sono sottili e precise. In quelle dove sono presenti
l'arancio, il verde ed il nero, stampati con le mascherine, manca
una linea di confine netta tra un colore e l'altro. L'azzurro è
stato stampato da solo durante il secondo passaggio del foglio
sull'altra metà del cilindro.
Falso: le
linee ed i tratteggi sono più spessi e più confusi rispetto
all'originale. Ad ogni colore corrisponde una lastra di stampa, cosicché
manca un morbido e graduale passaggio da un colore all'altro. Non si
vede il nero impiegato poco sopra l'inizio delle mura del castello.
Nell'immagine dell'originale (sopra a sinistra) si
notano delle aree in cui i colori si fondono tra loro: il nero delle mura
del castello invadono parzialmente il verde del prato, come pure l'arancio
del fondo della cornice si miscela leggermente con il verde. E' l'effetto
delle "mascherine" che permettevano di inchiostrare con tre colori
l'unica incisione: il medesimo tratto calcografico poteva ricevere due colori,
ma non esisteva uno stacco netto tra l'uno e l'altro, piuttosto un
progressivo e morbido passaggio da un colore all'altro.
Solo l'azzurro oltremare non presenta questa caratteristica, in quanto
faceva parte di una separata incisione posta a fianco della precedente,
sull'altra metà dello stesso cilindro, sulla quale la bobina di carta
ritornava dopo aver ricevuto la stampa dei precedenti colori.
Nella stampa in offset dell'imitazione ogni lastra era destinata ad un
colore (quattro lastre per altrettanti colori): pertanto lo stacco tra un
colore e l'altro risulta netto e preciso perché
l'intero disegno non si trova in un'unica incisione, ma è riportato in
parte su una lastra (dove riceve un determinato colore), in parte sulle altre dove viene inchiostrato con
i rimanenti colori.
Qui sotto è evidenziato un altro particolare: la zona in cui sul bordo del
prato si ergono le mura del castello, a destra, verso il bordo della
vignetta.
Nel francobollo originale (a sinistra) sul limite superiore del verde sono
visibili delle infiltrazioni di nero (il colore con cui era stampato il
castello). Oltre ai tratti verticali, il nero invade anche alcune incisioni
orizzontali che disegnano il tappeto erboso.
Anche in questo caso la stampa in offset del falso mostra le sue
limitazioni: il nero ed il verde sono nettamente separati ed in verde sono
stampati anche i primi contrafforti delle mura.
Originale: il
nero del castello si infiltra nel tratteggio in verde del prato
sottostante.
Falso:
nero e verde sono nettamente separati. In verde è stata stampata la
base delle mura del castello.
Tipico
della stampa offset è il dare una stampa piatta, senza rilievo o
profondità. Nella stampa calcografica invece il rilievo dell'inchiostro
depositato sul foglio è qualcosa di fisico, percettibile sotto i
polpastrelli delle dita.
Si può evidenziare lo spessore della calcografia illuminando la
superficie stampata con una luce radente: la stampa prende rilievo al
punto che il tratto stampato proietta la propria ombra.
Cosa che non succede con la stampa offset, come si può vedere dal
confronto delle immagini qui sotto: a sinistra un particolare del
francobollo originale, a destra l'imitazione.
Originale:
la luce radente mette in evidenza lo "spessore" della
stampa calcografica.
Falso:
nonostante la luce radente, nell'offset la stampa risulta piatta,
priva di rilievo.
Le
falsificazioni furono stampate su fogli completi di scritte sulle cimose,
come si può osservare su questa coppia bordo di foglio.
Nell'imitazione
gli inchiostri, leggermente oleosi, appaiono meno brillanti rispetto agli originali, anche a
causa della carta di modesta qualità e non perfettamente sbiancata (è
tendente all'avorio grigiastro) di uno spessore, compresa la gomma,
leggermente inferiore a quello della carta impiegata per la stampa degli
originali. La carta delle imitazioni inoltre non è fluorescente ed è
priva di filigrana.
La
differente risposta alla lampada di Wood di una falsificazione
(a sinistra) e dell'originale (a destra) stampato su carta
fluorescente.
Per completezza si segnala che in letteratura viene scritto che la
carta delle falsificazioni avrebbe una «...pseudo filigrana stampata
al retro in grigio chiaro». Ma gli esemplari cha abbiamo avuto modo
di esaminare non presentano questa caratteristica: non volendo mettere in
dubbio quanto scritto possiamo supporre che solo una parte della tiratura
sia stata stampata con questa finta filigrana, come d'altra parte è
successo nel passato per altre falsificazioni.
Le imitazioni vennero stampate in fogli completi delle scritte sui bordi,
come per gli originali.
La perforazione ha un passo simile all'originale (14x13¼) ed il
perforatore si trovava in discreto stato, anche se qualche cilindretto non
doveva essere perfettamente allineato perché qualche foro risulta
disallineato.
Questa falsificazione venne messa in circolazione a Milano a partire dal
gennaio 1983.
Piccoli quantitativi di questi falsi vennero sequestrati nel milanese
dall'Ecopost della Lombardia.
Nell'estate del 1984 due personaggi cercarono, senza riuscirci, a
smerciare questi falsi tra i tabaccai nella zona del veronese (Cerea,
Legnago e Bovolone): la segnalazione giunse all'Ecopost di Venezia che
allertò i Carabinieri di Legnago. I due furono arrestati.
Per lo smercio di questi falsi si cercò la via di utenti che facevano
grande uso di francobolli per corrispondenza, soprattutto studi
professionali.
Qualcuno effettivamente li usò: plichi con il castello di Montagnana
falso da 1000 lire passarono per posta attraverso l'ufficio postale di
Cerea e di Casaleone (entrambi in provincia di Verona).
Tra la corrispondenza sequestrata c'è una raccomandata di doppio porto
(tra i 20 ed i 50 grammi, tariffa all'epoca di 2400 lire) affrancata con
due falsificazioni del 1000 lire ed un "castello" autentico da
400 lire. Venne acclusa agli atti del processo.
Conclusa così l'avventura postale di questa imitazione, continuò quella
filatelica: quasi da subito questi falsi erano presenti sui banchi del
mercatino domenicale di via Armorari a Milano