E' reato introdurre nei confini
dello Stato, acquistare, detenere o mettere in circolazione francobolli
contraffatti, anche non in corso, ma che hanno avuto corso legale,
emessi sia dallo Stato italiano che da Stati esteri.
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Questa
falsificazione è l'ultima, in ordine di tempo, delle imitazioni che
vennero fatte di francobolli della serie "Castelli d'Italia".
Quando venne prodotta con 750 lire si affrancava una lettera di primo
porto per l'interno. Ma oltre che a frodare la posta, i falsari
strizzarono l'occhio al mondo dei collezionisti, sempre avidi di
"varietà", anche improbabili, in una generale piattezza del
mercato delle emissioni italiane dell'epoca. |
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Castelli
d'Italia Lire 750.
Sassone n. 1524A
Unificato n. 1962
Cei n. 1543A
Bolaffi (numerazione 1956) n. 1919
Bolaffi (numerazione 1986) n. 1989
Bolaffi (numerazione 2002) n. 2062
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Falso.
Sassone n. --
Unificato n. --
Cei n. -- (segnalato ma non catalogato)
Bolaffi (numerazione 1956) n. --
Bolaffi (numerazione 1986) n. --
Bolaffi (numerazione 2002) n. --
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La serie ordinaria di francobolli
"Castelli d'Italia", dopo un periodo di quasi tre anni di
gestazione, vide la luce il 22 settembre 1980. Aveva l'arduo compito di
sostituire la gloriosa immagine della "Siracusana" (o "Itallia
turrita") disegnata da Vittorio Grassi (1878-1858) ventisette anni
prima.
Alla prima tranche di apertura, seguirono numerose successive
integrazioni per stare al passo con il balletto della miriade di tariffe che
cambiavano a causa dell'inflazione.
Puntualmente, a poco più di due anni dalla sua apparizione, si fece vedere
ad inizio 1983 l'imitazione del valore da 1000 lire (castello di Montagnana)
cui fece seguito ad aprile il 350 lire (castello di Mussomeli) e poi il 500
lire (castello di Rovereto), più tardi il 700 lire (castello d'Ivrea)
mentre l'ultimo a subire la falsificazione fu questo valore da 750 lire
(rocca di Urbisaglia) emesso il 20 settembre 1990 per coprire esattamente la
nuova tariffa per l'interno di una lettera di primo porto, che era entrata
in vigore dal 1° luglio di quell'anno.
La falsificazione che si presenta qui sopra risulta complessivamente
abbastanza ben riuscita e poteva
benissimo sfuggire agli addetti postali che vedevano sfilare sotto i loro
occhi milioni di pezzi di corrispondenza riuscendo ad ottenere lo scopo, cioè ingannarli per
frodare la posta.
Il francobollo originale era stato stampato in calcografia a tre colori
utilizzando le "mascherine": un metodo di stampa che consentiva di
ottenere i fini tratteggi incisi da Antonio Ciaburro con lo stesso cilindro
di stampa.
A livello industriale le macchine rotative in grado di stampare in
calcografia a tre colori ingenti tirature non sono certo alla portata di
tipografie disposte a produrre francobolli falsi per frodare il servizio
postale.
Per l'imitazione si ricorse così alla stampa in offset, utilizzata "al
tratto", discendente della
tecnica litografica.
Tuttavia nella riproduzione fotografica e nel suo trasferimento
fotomeccanico sulla lastra di stampa si perse ogni
finezza dei dettagli, le linee si ingrossarono, come si vede anche da questo dettaglio del cespuglio
in primo piano sull'angolo inferiore destro della vignetta. |
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Nell'originale
i tratti calcografici disegnano con precisione le foglie che costituiscono
il cespuglio. |
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Nell'imitazione
i tratti si fanno più spessi e confusi e le foglie del cespuglio
sono meno riconoscibili. |
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Un altro dettaglio dove si può
rilevare questa grossolanità dei tratti stampati in offset
nell'imitazione si può trovare, ad esempio, anche sulle torri e sulla
merlatura della rocca dove non si raggiunge la finezza e la precisione del
tratteggio dell'originale calcografico. |
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Il
fine tratteggio dell'originale nella torre della rocca. |
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Il
tratteggio grossolano dell'imitazione nella torre. |
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Una caratteristica della stampa
offset è quella di dare un'inchiostrazione piatta, senza rilievo o
profondità. E questo si vede già a prima vista nelle immagini sopra
riprodotte.
Nella stampa calcografica invece il rilievo dell'inchiostro è qualcosa di
fisico, percettibile sotto i polpastrelli delle dita.
Si può evidenziare il rilievo della calcografia illuminando la superficie
stampata con una luce radente: l'inchiostro depositato sulla carta è
talmente in rilievo che proietta la propria ombra.
Cosa che non succede con la stampa offset, come si evince dalle immagini
qui sotto: a sinistra il francobollo originale, a destra l'imitazione
nella quale si nota anche l'ispessimento delle linee che tratteggiano lo
sfondo intersecandosi. |
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La
luce radente sulla stampa calcografica evidenzia il rilievo
dell'inchiostro. |
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Nell'imitazione,
nonostante la luce radente, l'inchiostro della stampa offset risulta
piatto, privo di profondità. |
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Un altro problema che la stampa in
offset non riuscì a risolvere in modo soddisfacente fu quello delle
"mascherine".
Come già detto sopra, il francobollo originale venne stampato in
calcografia a tre colori usando un unico cilindro di stampa mentre nella
stampa in offset ad ogni colore corrisponde una lastra. In calcografia,
con le "mascherine", si coprono e si scoprono alternativamente
alcune parti della vignetta incisa al momento dell'inchiostratura: il
risultato è che in genere il confine tra un colore e l'altro non è netto
e preciso, ma ci possono essere delle infiltrazioni di un colore nell'area
riservata ad un altro colore. In pratica il confine tra un colore e
l'altro risulta sfumato.
Nell'imitazione stampata in offset invece vediamo uno stacco netto tra un
colore e l'altro.
Qui sotto si mostrano alcuni esempi di passaggio da un colore all'altro
nel francobollo originale a sinistra (stampato con le "mascherine" in
calcografia) e nell'imitazione (a destra) stampata in offset. |
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Nell'originale
il confine tra il verde ed il bruno non è netto, ma sfumato per
reciproche infiltrazioni di colore tra i due colori. |
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Nell'imitazione
il confine tra il verde ed il bruno è netto e preciso perché i due
colori erano stampati separatamente con due distinte lastre. |
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Originale:
un particolare ingrandito del confine fra il verde ed il bruno nella
stampa calcografica con "mascherine". |
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Imitazione:
un particolare ingrandito del confine fra il verde ed il bruno nella
stampa offset dove ad ogni colore corrispondeva una lastra. |
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Originale:
un particolare ingrandito del confine fra il bruno e l'azzurro nella
stampa calcografica con "mascherine". Osservare le
reciproche infiltrazioni dei due colori. |
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Imitazione:
un particolare ingrandito del confine fra il bruno e l'azzurro nella
stampa in offset dove ad ogni colore corrispondeva una lastra.
Osservare lo stacco netto e preciso tra le due colorazioni. |
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Gli
inchiostri (azzurro, verde e bruno) risultano più brillanti ed intensi
negli originali, mentre appaiono pallidi e slavati nelle imitazioni.
La stampa avvenne su una carta non fluorescente e non filigranata, a
differenza della carta originale.
L'imitazione presenta una dentellatura lineare con passo di circa 11¼x11¼
(la misurazione non è precisa a causa di irregolarità del perforatore)
ben diversa da quella originale, di norma a pettine 14x13¼.
Questa imitazione nacque probabilmente per essere utilizzata in frode alla
posta, ma sicuramente ci fu una certa attenzione al mondo collezionistico,
soprattutto nel momento in cui ai falsari riuscì difficile lo spaccio:
trovate difficoltà nel cercare di smerciare questi falsi presso le
rivendite dei generi di monopolio, ripiegarono offrendoli a ditte, studi e
organizzazioni che avevano un discreto traffico postale ma non mancarono
di proporli anche a persone dell'ambiente filatelico.
Sono comunque note corrispondenze regolarmente viaggiate per frodare la
posta senza che sia
stata rilevata la falsità dell'affrancatura. |
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Bollettino
di spedizione di un pacco ordinario con assegno (contrassegno)
spedito da Torino il 10 settembre 1992 per Catanzaro dove giunse il
successivo 23 settembre. La tassa di spedizione di 3.500 Lire venne
assolta con l'applicazione, oltre ad un francobollo della serie
"Castelli d'Italia" da Lire 500, di quattro imitazioni per
frodare la posta del francobollo da 750 Lire della stessa serie. |
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