E' reato introdurre nei confini
dello Stato, acquistare, detenere o mettere in circolazione francobolli
contraffatti, anche non in corso, ma che hanno avuto corso legale,
emessi sia dallo Stato italiano che da Stati esteri.
Questa
falsificazione fece la sua apparizione a Milano nell'ottobre del 1946.
Democratica, Lire 10.
Sassone n. 558
Unificato n. 558
Cei n. 514
Bolaffi (numerazione 1956) n. 513
Bolaffi (numerazione 1986) n. 580
Bolaffi (numerazione 2002) n. 652
Falso di Milano.
Sassone n. F558
Unificato n. 558F
Cei n. F514
Bolaffi (numerazione 1956) n. 513FP
Bolaffi (numerazione 1986) n. 580FP
Bolaffi (numerazione 2002) n. --
L'imitazione è facilmente riconoscibile prima di tutto per la minor
nitidezza e definizione del disegno della vignetta dovute al metodo si
stampa ed al retino impiegato.
Un elemento che consente una immediata identificazione si trova nel margine
inferiore: sotto la cartella che racchiude in negativo la dicitura «POSTE
ITALIANE» è presente una continuazione del fondino grigio ardesia che
comprende le piccole scritte "in ditta" «IST. POL. STATO - ROMA»
ed il nome dell'autore del bozzetto «LALIA».
Tra i due gruppi di lettere il fondino, probabilmente giudicato troppo
appariscente, venne in parte rimosso.
Nel
francobollo originale il bordo è in genere bianco e non c'è
retino che interessa le piccole scritte marginali "in
ditta".
Nell'imitazione
il retino chiaro prosegue anche oltre la vignetta comprendendo
le piccole scritte marginali "in ditta". E' stato
tuttavia in parte rimosso al centro, tra i due gruppi di
scritte, forse perché ritenuto troppo evidente.
Particolare
della «E» di «ITALIANE»: nell'imitazione (a destra) il retino del
primo colore chiaro a causa di un piccolo fuori registro oltrepassa, a
destra, il rettangolo stampato con il secondo colore più scuro.
Nell'originale (a sinistra) questo non accade perché la stampa
avveniva con un unico passaggio di colore.
Particolare
della «L» di «LIRE»: nell'imitazione (a destra) il retino con il
colore chiaro compare anche all'interno della «L» che nell'originale (a
sinistra) è bianca (in negativo).
Il francobollo originale fu
stampato in rotocalco su carta filigranata (filigrana ruota alata del I tipo) in
bobine, prodotta dalla Cartiera Miliani di Fabriano.
Il rotocalco è un procedimento di stampa che necessita di macchine
sofisticate, di grandi dimensioni, costose, certo non alla portata di una
qualsiasi tipografia.
E' la stampa in rotocalco a consentire la morbidezza delle sfumature della
vignetta.
Per imitare, in qualche modo, queste caratteristiche dell'originale, che
non potevano ottenersi con una stampa da cliché zincografico, si stampò
l'imitazione servendosi di cliché di gomma (o caucciù). La stampa non
avveniva su carta in bobina, ma su fogli singoli di cento francobolli. Si
trattava di un sistema di stampa simile alla stampa flessografica che
riusciva ad imitare la morbidezza delle sfumature del rotocalco.
Non venne impiegato un solo cliché, bensì due perché la stampa del
falso francobollo venne eseguita in bicromia.
Mentre con il rotocalco si potevano ottenere agevolmente diverse sfumature
di colore, dalla più chiara alla più scura, adoperando un unico
inchiostro e sfruttando il retino fotomeccanico, questo non era possibile
con i più limitati mezzi che avevano a disposizione i falsari.
Vennero pertanto impiegati due inchiostri, un grigio ardesia chiaro per il
fondo stampato per primo ed un altro, di tonalità più scura, stampato per
ultimo per il martello, gli anelli della catena e la cartella inferiore
con la scritta in negativo «POSTE ITALIANE».
Il retino con l'inchiostro più chiaro è visibile su tutta la vignetta,
anche su quelle parti, come all'interno delle lettere in negativo, che nel
francobollo originale sono bianche.
Le dimensioni della vignetta, mm. 17x21, sono del tutto simili a quelle
del francobollo originale. Tuttavia si possono riscontrare delle
lievissime differenze, soprattutto nell'altezza, dovute a minimi fuori
registro nella stampa dei due colori: in questo caso il falso risulta
essere più alto (di centesimi di millimetro).
La
goffratura impressa al recto (a sinistra) ed al verso (a destra): è
più evidente e più facilmente distinguibile osservando
l'imitazione del francobollo a verso.
La carta è una comune carta
pregommata leggermente più sottile di quella degli originali: compreso lo
strato della gomma, è attorno ai 7 centesimi di millimetro.
Naturalmente la carta non è filigranata come invece lo è negli originali.
La gomma si presenta lucida, tutto sommato di migliore qualità rispetto a
quella delle prime tirature del francobollo originale dove si riscontra la
classica "gomma di guerra": opaca, grigio brunastra ricca di
impurità che solo nelle tirature successive migliora divenendo più
chiara, bianca lucida appena tendente all'avorio.
La carta del falso era stata sottoposta ad un'operazione di goffratura che
imprimeva un tappeto di puntini a rilievo nel verso dove sono più
facilmente visibili.
Particolare
ingrandito della goffratura impressa al recto del foglio: la
puntinatura si presenta avvallata.
Particolare
ingrandito della goffratura vista al verso del foglio: la
puntinatura si presenta a rilievo.
La dentellatura, più fitta
rispetto agli originali, avveniva con un perforatore lineare di passo
compreso tra 14½ e 14¾ (per essere più precisi di
circa 14,64 fori ogni due centimetri) tanto in orizzontale quanto in
verticale; alcuni fori sono disallineati. La dentellatura è generalmente
mal centrata: l'esemplare presentato sopra può considerarsi, nella media
di questa produzione, ottimamente centrato.
Si ricorda che gli originali invece sono perforati a blocco e presentano
una dentellatura 14x14¼.
Esistono rimanenze di questa imitazione prive di dentellatura.
Raccomandata
spedita dall'ufficio postale di Milano Ferrovia il 19 ottobre 1946 con
il falso francobollo da 10 lire.
Come detto, questa falsificazione fece la sua comparsa a Milano
probabilmente nell'ottobre 1946. Infatti è a questo mese che appartengono
le prime date conosciute di impiego di queste imitazioni.
In realtà non sono moltissimi i documenti ritrovati: la data più antica è
stata rinvenuta su un piccolo frammento (accompagnato dal valore da 4 lire
della stessa serie) annullato a Milano il 10 ottobre 1946; sempre ad ottobre
(il giorno 19) è nota una raccomandata (affrancata per complessive 14 lire)
da Milano Ferrovia e un'altra (giorno 26 ottobre, affrancata per 13 lire) da
Milano Corso Porta Venezia.
Tra le ultime date si colloca una striscia di quattro valori sciolta
annullata sempre a Milano (Succursale 23) il 13 aprile 1948.
Come si evince anche da questi annulli, Milano fu l'epicentro della
diffusione di questa imitazione che, proprio per questo, è detta
"falso di Milano".
A Milano venne distribuita in modo massiccio alle rivendite di tabacchi e
valori bollati, a volte ad insaputa dei titolari.
Per dare un'idea di quanto fossero comuni, alla fine degli anni '50 ed anche
negli anni '60, si potevano ancora trovare in molte tabaccherie dimenticati
in qualche cassetto, od in qualche cartelletta, assieme ai normali
francobolli che avevano perso la validità postale. Fu proprio con questi ritrovamenti
che ci si accorse della vera quantità disponibile sul mercato filatelico di
questi falsi con un conseguente adeguamento del loro prezzo di vendita.
Il 1° gennaio 1947 la Direzione Generale delle Poste (Sezione IV, Divisione
I, Sezione I) diramò una circolare (numero 690897 V.4) a firma del
Direttore Generale Giovanni Musumeci diretta a tutti gli Uffici Postali ed
alle Direzioni Provinciali per invitare gli interessati a vigilare
sull'eventuale apparizione di questi falsi anche in altre province: «Qualche
tempo fa, a Milano, sono stati messi in vendita dei francobolli falsi da 10
lire. (...) Si richiama in proposito l'attenzione di tutti gli uffici
nella eventualità che qualche tentativo analogo venga effettuato in altre
provincie.»
Il
francobollo emesso in sostituzione di quello grigio ardesia che era
stato falsificato.
La preoccupazione fu tale che si
decise di sostituire il francobollo imitato con un altro.
In un primo tempo si pensò di riemettere lo stesso francobollo con colori
variati: rosso, arancione o vermiglio in varie tonalità; in tali colori
si conoscono delle prove, conservate al Museo Postale di Roma, datate 12
aprile 1947.
Prove
di colore effettuate quando si pensava di riemettere lo stesso
francobollo oggetto della falsificazione con colori cambiati.
Più tardi si optò per cambiare il soggetto, utilizzando il bozzetto di Renato
Garrasi «Gruppo familiare di lavoratori inquadrato nella sagoma di una
bilancia a due piatti in perfetto equilibrio», già utilizzato per i
valori da 20 centesimi e da 5 lire della stessa serie, modificandone il
valore facciale.
Dapprima furono fatte delle prove in differenti colori (quelle conservate
al Museo Postale di Roma recano la data del 29 luglio 1947), poi si optò
per varie tonalità di rosso (prove del 26 agosto 1947).
Il nuovo francobollo da 10 lire venne emesso in colore arancio il 20
ottobre 1947, preceduto dal relativo Decreto Ministeriale del 23 giugno
1947, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 229 del 6 ottobre 1947.
Il decreto di autorizzazione dell'emissione all'articolo 2 precisava che
il francobollo «...ha la stessa vignetta di quelli di centesimi 20 e
di lire 5...; è stampato nel colore arancione...». L'articolo 3
stabiliva che il precedente francobollo da 10 lire «...con vignetta che
raffigura un martello che spezza una catena, stampato nel colore ardesia,
è valido fino a tutto il 31 dicembre 1947 e sarà ammesso al cambio,
purché in esemplari non sciupati né perforati, a tutto il 31 dicembre
1948.»
Successivamente nel dicembre 1947 ci si ripensò e si decise di prorogare
la validità del 10 lire ardesia.
Naturalmente fu necessario un nuovo Decreto Ministeriale, quello del 6
dicembre 1947 che però venne pubblicato solo il 25 febbraio 1946 sulla
Gazzetta Ufficiale n. 47: «Il termine di validità del francobollo
ordinario da dieci lire, avente per vignetta un martello che spezza una
catena e stampato nel colore ardesia, è prorogato a tutto il 30 aprile
1948.»
In questo modo il 10 lire che era stato oggetto di contraffazione non ebbe
validità postale nel periodo 1° gennaio-25 febbraio 1948.
La falsificazione del 10 lire portò ad alcuni arresti a Milano, nel giugno
1948.
Dalle cronache dell'epoca si viene a sapere che nel dicembre 1946 un certo
Carmelo Vicari, abitante a S. Giovanni Gemini, aveva consegnato un
quantitativo imprecisato di questi francobolli falsi a tale Arnoldo Ruffoni
il quale periodicamente li cedeva ad Alfredo Ferrari, un fattorino della
Società Anonima La Stampa Commerciale di Milano, editrice de "Il
Sole", il quale aveva il compito di acquistare i francobolli per la
corrispondenza della ditta che poi portava all'ufficio postale. In pratica
il Ferrari vendeva alla ditta per la quale lavorava i francobolli falsi
dividendo il guadagno con il Ruffoni.
Il 4 giugno 1948 il Ferrari forse non era al corrente che il francobollo da
10 lire ardesia da poco più di un mese era andato fuori corso. Così quando
quel giorno si recò all'ufficio postale con delle raccomandate già
affrancate, una impiegata, insospettita, si accorse che i francobolli erano
falsi!
Scattate le indagini, vennero scoperti complessivamente 794 francobolli
falsi nel ripostiglio del Ferrari sul posto di lavoro ed altri 374 nascosti
sotto il ripiano di marmo del comodino nella camera da letto del Ruffoni.
I due resero piena ed ampia confessione.